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Donazione organi, legge in sospeso
Sono pochi comuni che prospettano la possibilità ai loro cittadini

Si allarga, seppure a rilento, la possibilità di indicare a lato della carta d’identità l’assenso al trapianto dei propri organi. Cioè di indicare su un modulo, con un sì o con un no, la propria volontà sulla donazione o meno degli organi post-mortem. Lo stabilisce una legge, che però è ancora disattesa da molti Comuni. L’ultimo ad aderirvi è stato, in questi giorni, il Comune di Sora (Frosinone): «In questo modo sarà possibile individuare in tempi rapidi – dice il sindaco Ernesto Tersigni – i potenziali donatori, soprattutto nei casi di estrema urgenza. Stiamo promuovendo la formazione del personale dell’Ufficio anagrafe incaricato del rilascio delle carte d’identità».

Qualcosa si muove. In Sicilia è stato siglato dal presidente regionale dell’Anci, Leoluca Orlando, e dal direttore del Centro regionale trapianti, Vito Sparacino, un protocollo d’intesa che prevede che i cittadini al momento del rilascio della carta d’identità indichino la propria volontà. Commenta Sparacino: «Vi è un tasso di opposizione piuttosto consistente che riteniamo sia dovuto più che a una mancanza di disponibilità dei siciliani alla mancanza di una corretta informazione in materia di donazione e trapianto. Con la firma di questo accordo intendiamo sensibilizzare un maggior numero di siciliani e aumentare il bacino dei potenziali donatori con un gesto semplice, che non ha costi e che richiede solo pochi istanti in più rispetto ai normali tempi di rilascio o rinnovo del documento d’identità».

Proprio in Sicilia,a Castelvetrano (Trapani), da qualche tempo il servizio è già attivo: «Gli uffici anagrafe comunali – afferma l’assessore Antonino Centonze -registrano la manifestazione di volontà: un’opportunità per raggiungere in modo graduale e continuativo tutti i cittadini maggiorenni che ritirano o rinnovano il proprio documento d’identità».

È dal 2009 che si può esprimere il consenso alla donazione degli organi. La legge prevede che, all’atto del rilascio o rinnovo del documento d’identità, ogni cittadino, compiuta la maggiore età, ha la possibilità di esprimere il proprio consenso o diniego alla donazione, sottoscrivendo un modulo consegnato dall’operatore dell’ufficio anagrafe (resta, comunque, la possibilità di modificare in seguito la propria volontà).

Ma finora solo 24 comuni hanno dato corso a quanto previsto dalla legge, registrando 18.658 dichiarazioni di volontà: il 94,1% ha espresso un consenso e il 5,9% un’opposizione. Considerando che i Comuni italiani sono oltre 8.000 risulta evidente la non attuazione di questa norma.

In parte, come spesso accade, la colpa ricade sul legislatore. Infatti la legge del 2009 prescriveva l’inserimento del consenso (o meno) alla donazione ma non prevedeva che i Comuni avrebbero poi dovuto trasferire questi dati al Sit, il Sistema Informativo Trapianti, che non veniva così a conoscenza di chi accettava di donare. Ci sono voluti 4 anni e finalmente nel 2013 è stato introdotto, nel Decreto del fare, l’obbligo dei Comuni a inserire nel SIT tutte le espressioni di volontà indicate dai donatori.

Tra spending review e disinteresse anche dopo la ridefinizione legislativa del 2013 la situazione non è cambiata, nel senso che nessuno si è premunito di fare rispettare la legge e la stragrande maggioranza dei Comuni sono rimasti a braccia conserte. In pratica solo ogni 14 mesi un Comune avvia l’attivazione della legge. Se continua così arriveremo a poter esprimere tutti la nostra volontà in Comune fra 9.333 anni.

Nel Sit ci sono 1.330.000 volontà registrate, di cui 1.200.000 circa tramite l’iscrizione all’Aido e 115.000 mediante registrazione alle Asl; altre 9.000 persone sono in attesa di vedere registrata la loro dichiarazione. Poco più che una goccia nel mare.

Importante è l’adesione del Comune di Roma, attraverso un sindaco-medico, Ignazio Marino, il primo a recarsi all’ufficio dell’anagrafe e ad affermare l’assenso a donare i propri organi richiedendo nel contempo il rinnovo della carta d’identità. «Abbiamo già fatto la formazione dei dipendenti e la modifica del sistema informatico dell’anagrafe – dice Marino – e siamo finalmente riusciti a portare a termine un progetto a cui tenevo tanto».

Dà il buon esempio anche Cagliari: nella prima settimana sono state emesse 387 carte di identità con 262 dichiarazioni di assenso alla donazione di organi e tessuti.

C’è però anche chi contesta la legge e a Chieti è sorta la Lega nazionale contro la predazione di organi. «All’anagrafe- dice la presidente, Nerina Negrello – l’impiegato ti presenta un modulo prestampato ingannevole. È una dichiarazione facoltativa, non obbligatoria, da rifiutare. Tra l’altro la famiglia perde il diritto di opposizione. Coloro che firmano il diniego non sono garantiti, non cediamo il nostro diritto di libertà, la facoltà di tenere aperto il nostro destino. Manteniamo la nostra sovranità, il nostro potere».

Il dissenso è legittimo ma il trapianto salva spesso una vita. I pazienti trapiantati nei primi dieci mesi del 2014 sono stati 2.944 contro i 2.841 di tutto il 2013. Mentre gli organi trapiantati sono passati dai 3.117 di un anno fa a 3.168 da gennaio a oggi. «L’obiettivo», dice Alessandro Nanni Costa, direttore del Centro nazionale trapianti, «è arrivare ai 4.000 trapianti d’organo l’anno».

«Abbiamo, nei nostri ospedali», spiega il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, «una grande richiesta di organi che non viene sempre soddisfatta, soprattutto per l’età dei donatori. Dobbiamo quindi promuovere la donazione, anche attraverso la carta d’identità. E sono troppo pochi i Comuni che hanno adottato questa opzione».

Ma non è lei, esponente del governo, che dovrebbe rendere operativa la legge?

Se il sistema dei Comuni e il governo si dessero da fare e applicassero la legge si riuscirebbe anche ad arginare il fenomeno dei trapianti clandestini. Dice Daniele Damele, dell’Aido: «è certo che qualcuno pone i propri organi in vendita per pagarsi la fuga dal proprio Paese: un rene vale da 20mila a 200mila dollari. L’Africa è il fornitore in ascesa di un business che oggi coinvolge 50 nazioni».

L’Organizzazione mondiale della sanità stima che quasi il 10% tra i reni trapiantati ogni anno nel mondo (65mila) e quindi anche in Italia venga procacciato illegalmente atttraverso scafisti eritrei, beduini del Sinai, trafficanti della Nigeria e broker. Un business che avvantaggia chirurghi, dottori, tecnici di laboratorio e agenti di viaggio. Secondo intercettazioni e stralci di indagine, il nostro Paese sarebbe soprattutto un’area di passaggio (ma anche di fermo) per i reni. Per esempio le indagini sugli sbarchi di Lampedusa hanno portato all’arresto di cinque eritrei a Roma e a un’ordinanza in cui si parla di consegne e scambi di migranti, anche come eventuali donatori di organi. Tutto dipende da come intendono saldare il debito per il viaggio.


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