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Il piccolo balzo del mattone

Il federalismo demaniale va a rilento. A fine 2014 ha, però, provato ad accelerare: i beni trasferiti ai Comuni sono cresciuti del 14 per cento. Per vendere il mattone di Stato si battono anche altre vie, come le cessioni alla Cdp.
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Il federalismo demaniale, a un anno dal concreto avvio, va avanti piano, anche se proprio negli ultimi mesi del 2014 ha fatto registrare un’accelerazione. Dal 16% di beni trasferiti ai Comuni fino a ottobre si è ora passati al 30 per cento. La partita delle vendite delle proprietà pubbliche, tuttavia, non si è limitata alle cessioni gratuite dallo Stato agli enti locali, ma ha percorso anche altre strade, come il passaggio di mano di un corposo blocco di beni, per un valore totale di circa 250 milioni di euro, alla Sgr di Cassa depositi e prestiti (si veda l’articolo a fianco). Ha invece segnato il passo il meccanismo delle aste pubbliche, che con 36 beni messi all’incanto dal Demanio (di cui soltanto quattro aggiudicati), si avvia a essere scavalcato dal sistema di accordi di programma delineato dal decreto Sblocca-Italia.

Del resto le esigenze di cassa continuano a non dare tregua. Anche l’ultima legge di Stabilità ha imposto alle amministrazioni di disfarsi di immobili non più strumentali.

I beni con le «stellette» 

Il ministero della Difesa scommette molto sulla dismissione di ex caserme, alloggi, centri logistici, terreni, depositi e magazzini. Anche in seguito alla riorganizzazione delle Forze Armate in corso, i militari hanno molte proprietà da cedere. «Ecco perché – sottolinea il ministro Roberta Pinotti – appena arrivata ho creato una task force che segua passo per passo la partita delle dismissioni. I risultati iniziano a vedersi: insieme al Demanio abbiamo sottoscritto in questi mesi nove accordi con altrettanti Comuni per 39 beni da recuperare e valorizzare».
Proprietà che si vanno ad aggiungere alle circa mille offerte dalla Difesa agli enti locali con l’operazione del federalismo demaniale, in base alla quale Comuni, Province e Regioni potevano prenotare entro novembre 2013 i beni presenti sul loro territorio. Ne sono stati scelti 253: per 230 è arrivato il via libera al trasferimento, ma a oggi solo due sono effettivamente passati di mano.

Per incentivare la dismissione degli altri 700 i militari hanno studiato a inizio 2014 l’istituto del prestito d’onore, che però – complice il cambio di Governo – non è mai partito, anche se si pensa di attivare nel prossimo futuro i primi bandi. Sta, invece, per debuttare – dopo il primo round riservato agli alloggi occupati e assegnati con diritto di prelazione – l’asta telematica per la cessione di 637 alloggi militari liberi in 13 regioni. Operazione gestita in collaborazione con il Consiglio del notariato. 
È, invece, appena partita la nuova procedura di valorizzazione prevista dallo Sblocca-Italia (Dl 133/2014): nei giorni scorsi è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il primo elenco di undici ex caserme e sono stati già avviati i contatti con i Comuni per il recupero dei beni e l’eventuale successiva alienazione. La misura dello Sblocca-Italia è solo l’ultima di una serie di interventi normativi – sei leggi che hanno generato almeno nove procedure di valorizzazione e dismissione – per fare cassa con il mattone di Stato: si è partiti nel 2001 con le cartolarizzazioni (Scip 1 e 2), si è proseguito nel 2008 con le misure per gli enti locali e si è approdati nel 2013 al vero e proprio federalismo demaniale rilanciato dal decreto del Fare (Dl 69). 

Il federalismo demaniale

Anche considerando lo sprint di fine 2014, i beni consegnati ai Comuni restano pochi: 1.639 su 5.542 richiesti. «Contiamo – afferma Roberto Reggi, direttore dell’agenzia del Demanio – di arrivare entro quest’anno al 50% di trasferimenti, accompagnando le amministrazioni in tutte le fasi». 
Resta, però, anche il nodo finanziario, poiché l’amministrazione che riceve il bene deve accettare un taglio dei trasferimenti statali pari al valore della proprietà incamerata. E non è ancora chiaro quanto durerà la decurtazione. 
Va un po’ meglio per il terzo filone del federalismo demaniale – quello dei beni culturali che possono essere valorizzati ma non venduti , visto che su 77 programmi firmati, circa la metà (37) sono arrivati in porto.

Il nodo delle varianti d’uso

L’intera procedura è stata rallentata dal passaggio cruciale del cambio di destinazione d’uso del bene. Operazione che richiede molto tempo ai Comuni, ma lo Sblocca-Italia ha previsto tempi certi e incentivi per le amministrazioni virtuose.
«Nel decreto in preparazione – aggiunge Reggi – si sta valutando la forbice degli incentivi: si pensa a un 15% del ricavato dall’operazione di valorizzazione da riconoscere all’ente che riuscirà a cambiare la destinazione d’uso nei quattro mesi indicati dalla norma e via via a scalare per i meno tempestivi».


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