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Piano di rinascimento urbano con fondi Ue e bonus fiscali
INTERVENTO

Le risorse dei fondi Ue 2014-2020 e i residui dei fondi 2007-2013, la cui spesa deve essere ultimata entro il 2015, sono una importante occasione per le dimensioni delle risorse in gioco e la ripresa economica del Paese. Lo ha ribadito il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Graziano Delrio in un’intervista al Sole 24 Ore il 9 gennaio. Qui proponiamo un percorso che possa superare, soprattutto per la programmazione 2014-2020, i tre nodi che hanno finora frenato la spesa di fondi Ue: i tempi di realizzazione, il cofinanziamento, il partenariato pubblico e privato che nel nostro paese non ha ben funzionato. 
L’idea si basa sull’integrazione di politiche e risorse esistenti e prevede di avviare programmi di riqualificazione sostenibile in aree urbane, quelli che potremmo chiamare «Piani integrati di rinascimento urbano» che poggino su due fonti economiche: le risorse di sostegno europeo 2014-2020; le risorse private e statali attivate con gli incentivi alla riqualificazione edilizia ed energetica da utilizzare come parte del cofinanziamento previsto per attivare i fondi strutturali . I «Piani di rinascimento urbano» dovrebbero: contribuire al raggiungimento degli obiettivi Ue posti al nostro paese in termini di efficienza energetica e riduzione della CO2 del patrimonio edilizio pubblico; ridurre la C02 in ambito urbano in linea con l’obiettivo tematico 4 dei fondi strutturali Ue; avviare un modello innovativo di rigenerazione urbana in grado di incentivare occupazione. Il progetto può riguardare lo sviluppo di un programma di azioni con impatto territoriale urbano ampio (tra 10mila e 150mila abitanti secondo i regolamenti Sie) e può essere inquadrato nell’ambito delle procedure descritte dall’articolo 32 del regolamento Ue 1303/2013, «sviluppo locale partecipativo».
Un po’ di conti. Nel difficilissimo 2013 gli investimenti privati e pubblici destinati alla riqualificazione e all’efficientamento energetico del patrimonio edilizio residenziale sono stati pari a 45 miliardi di euro. Secondo le stime Cresme 28 miliardi sono stati incentivati dalle agevolazioni fiscali: poco meno di 15 miliardi sono risorse pubbliche in termini di detrazioni fiscali decennali, poco più di 13 miliardi le risorse private investite. Nel 2014 gli investimenti saranno su livelli 2013 e nel 2015 forse maggiori. In sostanza ci sarebbero già le risorse per gran parte del cofinanziamento per tutti i fondi strutturali.
In questo modo i micro e medi interventi privati e pubblici diventerebbero parte di un piano di riqualificazione sostenibile più ampio e consentano di incrementare il valore della quota di investimento proveniente dai fondi Ue, riducendo o azzerando la nuova quota di cofinanziamento regionale e nazionale, sviluppando un modello innovativo e semplice di partenariato pubblico e privato diffuso. 
I vantaggi non sarebbero piccoli. Il primo è la definizione di una nuova politica urbana. La sfida innovativa è aggregare la domanda privata minuta di riqualificazione e portare a sistema tutte le risorse già destinate alla riqualificazione e al risparmio energetico. Il Piano si articolerebbe in due parti ma insistendo sulla stessa area urbana: una parte di interventi privati incentivati; un’altra di interventi per l’efficientamento del patrimonio pubblico (uffici, scuole, illuminazione), cosa che comunque dovremmo fare per raggiungere gli obiettivi assegnatici dalla Ue.
Il secondo vantaggio è quello finanziario: la tradizionale articolazione delle risorse dei fondi strutturali (50% Ue, 25% Stato, 25% Regione) potrebbe articolarsi con nuove modalità : 50% Ue (ma per progetti complessi che integrino risorse e coesione sociale il contributo Ue può salire al 60%), 25% incentivi fiscali già esistenti, 25% investimenti privati in micro riqualificazione. Come detto, nel 2015 i lavori incentivati si possono stimare almeno in 30 miliardi di cui più di metà incentivi pubblici. Solo con le risorse 2015 si può contare, in linea teorica, su poco meno di 15 miliardi di investimenti privati e 9 miliardi di contributi pubblici (1,5 miliardi annui tra 2015 e 2020).
Infine il nodo del tempo. Certo, c’è da definire il «Piano di rinascimento» ma, se si scegliesse una via semplice, i tempi potrebbero essere brevi. Gli interventi privati incentivati, inoltre, si realizzano mediamente in 3-6 mesi e i pagamenti, con bonifici bancari, sono tutti rendicontabili. Anche l’efficientamento del patrimonio pubblico può essere realizzato rapidamente. Insomma, ci dovremmo impegnare in una delle cose più difficili nel nostro paese, organizzare e integrare, ma il risultato sarebbe certamente interessante. 


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