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Caos rimborsi per i parzialmente esenti
Il problema. Istanza da parte dei contribuenti che hanno pagato ma ora non sono più soggetti

Il ritardo con il quale è stata (forse) risolta la problematica dell’Imu dei terreni montani non solo ha creato confusione ma anche un danno economico.

Si ricorderà che la rata Imu di giugno 2014 non è stata pagata perché ancora non erano state stabilite le nuove regole per concedere l’esenzione, in ciò avvalorati anche dal Mef (Faq del 3 giugno 2014). Non meglio è andata per la rata di saldo, visto il ritardo con il quale è stato emesso il decreto ministeriale, che avrebbe dovuto essere emanato il 22 settembre 2014, ma è stato firmato il 28 novembre e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 6 dicembre, a pochi giorni quindi dalla scadenza del saldo Imu 2014.

Questo ritardo però ha comportato dei danni, sia per i contribuenti che per i Comuni.

Innanzitutto occorrerà disporre il rimborso per quei contribuenti che erano soggetti all’imposta in base al decreto di novembre ma che non lo sono più in base al Dl 4/2015 e che hanno ritenuto di pagare, pur nella bagarre tra promesse governative e sospensive del Tar, prima della scadenza del 26 gennaio.

A questi contribuenti occorrerà poi aggiungerne molte migliaia in più, ovvero quei contribuenti che in base alle regole del 1993 non erano esenti, ma lo sono diventati con il Dl 4/2015.
Il caso si presenta in tutti i Comuni che erano parzialmente esenti, dove l’esenzione operava con riferimento a singoli fogli catastali.

Ora, in questi Comuni l’esenzione opera per l’intero territorio comunale, seppur limitatamente ai terreni posseduti o condotti dai coltivatori diretti ed imprenditori agricoli, o da questi dati in comodato o in affitto ad altri coltivatori professionali, purché iscritti nella previdenza agricola.

In questi Comuni, per i terreni che non ricadevano nei mappali esenti, l’Imu 2014 è stata regolarmente pagata, e ora il contribuente ha diritto al rimborso.

Per farsi un’idea dell’ammontare dell’Imu da rimborsare basta scorrere l’allegato A al Dl 4/2015 dove sono indicati gli importi a credito del Comune per complessivi 13 milioni di euro.
Quindi il ritardo del legislatore ha comportato per i contribuenti il sostenimento di costi (farsi fare i conteggi, pagare l’imposta), di tempo perso e ora occorrerà presentare l’istanza al Comune (entro 5 anni dal pagamento) per ottenere il rimborso di quanto versato in più.

Dal lato dei Comuni non va meglio, perché occorrerà istruire i rimborsi, notificare i provvedimenti di accoglimento ed infine disporre materialmente il rimborso, il tutto con interessi ed entro 180 giorni dalla richiesta formulata dal contribuente.

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