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lavoro, la nuova mappa degli indennizzi
I risarcimenti per i licenziamenti individuali illegittimi cambiano in base ad anzianità e dimensioni aziendali

La reintegrazione nel posto di lavoro del nuovo assunto a tempo indeterminato, in caso di illegittimità del licenziamento, sarà molto più difficile e sarà limitata, oltre che al recesso privo di forma scritta, nullo e discriminatorio, al solo licenziamento disciplinare rispetto al quale sia dimostrata l?insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore. È il quadro che scatterà con l?entrata in vigore del decreto legislativo sul contratto a tutele crescenti, varato venerdì dal Consiglio dei ministri. È importante sottolineare, però, che sia la reintegra, sia i nuovi indennizzi saranno eventualmente applicati in seguito a una controversia davanti al giudice, dalla quale scaturisca un giudizio di illegittimità del recesso.
La nuova modifica alla disciplina del licenziamento individuale ? che segue la riforma Fornero del 2012 e gli ?aggiustamenti? introdotti con il Dl 76/2013 – si accompagna all?esonero contributivo a favore dei datori di lavoro fino a 8.060 euro all?anno per tre anni che premia le assunzioni effettuate dal 1° gennaio al 31 dicembre 2015, introdotto dalla legge di stabilità. Le due misure, nelle intenzioni del Governo, dovrebbero contribuire a incentivare la ripresa dell?occupazione.
Rileva la data di assunzione 
La disciplina delle tutele riconosciute al lavoratore in caso di licenziamento individuale che sia dichiarato illegittimo dal giudice ? sinora articolata soltanto in base alle dimensioni dell?organico complessivo del datore di lavoro ? sarà ora ulteriormente differenziata, con l?attuazione della legge delega 183/2014, anche in relazione alla data di assunzione del lavoratore. Le nuove regole del contratto a tutele crescenti si applicano infatti:
ai (nuovi) lavoratori che hanno la qualifica di operai, impiegati o quadri, assunti con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a partire dalla data di entrata in vigore del decreto; 
a tutti i lavoratori, anche se assunti precedentemente a questa data, nel caso in cui il datore di lavoro, in conseguenza di assunzioni a tempo indeterminato avvenute dopo l?entrata in vigore del decreto, integri il requisito occupazionale previsto dall?articolo 18, ottavo e nono comma, della legge 300/1970 (ad esempio, superi la soglia dei 15 dipendenti); 
nei casi di conversione, dopo l’entrata in vigore del decreto, di contratto a termine o di apprendistato in contratto a tempo indeterminato. 
Ne deriva, quindi, che la tutela applicabile nelle varie ipotesi sarà differenziata in relazione al combinarsi di questi due fattori: l?organico del datore di lavoro e la data di assunzione ?definitiva? del lavoratore.
La mappa degli indennizzi
L?unica tipologia di licenziamento, che, se giudicato illegittimo, continua a dare luogo alle stesse sanzioni per il datore di lavoro, sia nelle piccole sia nelle grandi aziende, senza alcuna distinzione, è il recesso intimato in forma orale, quello nullo (per esempio perché comminato a una lavoratrice in gravidanza), o discriminatorio ex articolo 25 della legge 300/70. In questo caso, come si vede dalla tabella a lato, resta la sanzione della reintegra.
Negli altri casi, le sanzioni variano in base alla dimensione dell?azienda e tengono conto dell?anzianità lavorativa della persona che viene licenziata.
In base all?articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, come modificato dalla riforma Fornero, le aziende di maggiori dimensioni sono da individuare come segue: 
datori di lavoro che in ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo nel quale ha avuto luogo il licenziamento occupano più di 15 prestatori di lavoro (più di 5, quindi almeno 6, se si tratta di imprenditore agricolo);
datori di lavoro, imprenditori e non imprenditori, che nello stesso Comune occupano più di 15 dipendenti (e imprese agricole che nello stesso ambito territoriale occupano più di 5 dipendenti), anche se ciascuna unità produttiva, singolarmente considerata, non raggiunge questi limiti;
datori di lavoro, imprenditori e non imprenditori, che hanno alle loro dipendenze più di 60 addetti.
Se il datore non raggiunge i requisiti numerici previsti dall?articolo 18 dello Statuto, la reintegrazione, come detto, scatta solo nel caso del licenziamento orale, nullo o discriminatorio ritenuto illegittimo. Negli altri casi, il lavoratore gode di una tutela differenziata a seconda che si applichi la legge 604/1966 o il nuovo contratto a tutele crescenti.
Per i vecchi assunti di un?azienda che ha fino a 15 dipendenti, il datore è tenuto a riassumere il lavoratore entro 3 giorni o, in alternativa, a risarcirgli il danno versandogli un?indennità compresa tra un minimo di 2,5 e un massimo di 6 mensilità dell?ultima retribuzione globale di fatto.
Se si tratta di un lavoratore assunto con il contratto a tutele crescenti, invece, scattano diverse novità: il datore è condannato a risarcire il danno con un importo che corrisponde alla metà di quello ordinario (ossia quello previsto per i datori più grandi), con un limite che, in ogni caso, è pari a 6 mensilità dell?ultima retribuzione globale di fatto.


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