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Nuova farmacia con il criterio del «resto»
Liberalizzazioni. Consiglio di Stato: sì a un altro esercizio in un comune con 5.693 abitanti

L’apertura di una nuova farmacia può essere autorizzata anche con una proporzione «approssimata» rispetto al numero di abitanti e non serve alcuna motivazione se non è applicato rigidamente il parametro demografico di una sede ogni 3.300 abitanti previsto dal decreto “liberalizzazioni” in tema di «Potenziamento del servizio di distribuzione farmaceutica» (articolo 11, Dl 1/2012, convertito in legge n. 27/2012). L’ha stabilito il Consiglio di Stato nella sentenza 528/2015, depositata dalla Terza sezione il 3 febbraio. I giudici hanno respinto il ricorso di una titolare di farmacia – l’unica in un Comune di 5.693 abitanti – che contestava la delibera con cui il Consiglio comunale aveva scelto la zona d’insediamento di una seconda sede, quella successiva adottata dalla Regione per istituirla, e i pareri favorevoli di Asl e Ordine dei farmacisti della provincia. 

La Regione l’aveva istituita col criterio del cosiddetto “resto” previsto dal citato decreto (comma 2, articolo 11) per cui «la popolazione eccedente consente l’apertura di una ulteriore farmacia, qualora sia superiore al 50 per cento del parametro stesso» fissato a 3.300 abitanti. Nel caso di specie, il “resto” era di 2.293 abitanti. Per la ricorrente, non era obbligatorio applicarlo e l’utilità per l’interesse pubblico non era stata dimostrata. Secondo il collegio, invece, anche se il “resto” è facoltativo, «l’intenzione dichiarata dal legislatore manifesta un evidente favor per l’incremento del numero totale degli esercizi farmaceutici» e «la scelta di utilizzarlo non richiede alcun’altra giustificazione o motivazione rispetto a quella già enunciata dalla norma; occorrerebbe, semmai, una motivazione esplicita qualora si volesse fare la scelta contraria». 

Come affermato nella sentenza, «la norma ha solo lo scopo di mantenere una certa proporzione (approssimata) fra il numero degli abitanti e quello delle farmacie, non quello di assegnare a ciascun esercizio una certa quota di utenti», e anche se, come in questo caso, le sedi si collocano nello stesso piccolo abitato «l’equa distribuzione sul territorio viene valutata con riferimento, non al bacino di utenza, ma alla più ampia copertura possibile del territorio comunale».


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