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Caldaie censite in quattro Regioni
Dopo 15 anni catasto attivo solo in Lombardia, Sicilia, Piemonte e Veneto

Solo quattro regioni – Lombardia, Piemonte, Veneto e Sicilia – hanno attuato la normativa del 1999 che prevede l’istituzione di un catasto regionale degli impianti termici. In alcuni casi si sono attivate le Province e i Comuni, ma spesso la situazione è di stallo. Un quadro cui si aggiunge, spesso, la presenza di modelli regionali diversi per l’elaborazione del libretto impianto.
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L’obbligo è datato 1999, con l’entrata in vigore dell’articolo 17 del Dpr 551. Tuttavia, oggi, a 15 anni di distanza, soltanto quattro Regioni hanno attivato il catasto degli impianti termici: Lombardia, Piemonte, Sicilia e Veneto. Mentre altri cinque territori si stanno muovendo, dopo la spinta imposta dall’entrata in vigore del Dpr 74/2013, che ha riordinato in Italia la materia dell’esercizio e manutenzione delle caldaie (si veda la scheda a fianco).

Eppure, gli effetti attesi dall’applicazione dello strumento non sono di secondo ordine. Non solo per gli addetti ai lavori, ma anche per i cittadini. Un catasto regionale aggiornato e accessibile significa la garanzia di controlli sull’efficienza delle caldaie e sul rispetto degli standard di sicurezza. La normativa ridisegnata un anno e mezzo fa prevede, infatti, l’obbligo per il manutentore che interviene in casa per l’ispezione e il rilascio del cosiddetto bollino, di compilare e inviare all’ente locale competente un rapporto di efficienza. Questo documento, inserito nel catasto, segnala se una caldaia è stata o meno controllata e permette di intervenire in modo mirato.
«Un indubbio vantaggio – considera Giorgio Bighelli di e-training, società di consulenza tecnico-normativa del gruppo Vaillant, che ha realizzato la mappatura dell’esistente per conto del Sole 24 Ore –, che si somma ad altri aspetti. Legati, per esempio al contenimento dei costi a carico dei cittadini o alla possibilità per chiunque di verificare la manutenzione del proprio impianto a portata di click». 

Già il Dlgs 192/2005 faceva riferimento alla promozione, da parte delle Regioni, di programmi informatici per la costituzione dei catasti, con l’arrivo del Dpr 74/2013 i nuovi modelli di libretto della caldaia e i relativi rapporti di controllo, entrati in vigore il 15 ottobre scorso, sono studiati per la compilazione e l’invio telematico. «Con un abbattimento dei costi – aggiunge Bighelli -che, però e purtroppo, nel concreto, in assenza delle banche dati regionali, non si è mai realizzato».
Non basta. «I catasti – spiega Giovanni Maj, direttore tecnico della Ops Spa, ente attivo sul fronte delle ispezioni per conto del Comune e della Provincia di Chieti – significano anche una maggiore certezza della professionalità di chi interviene a realizzare le ispezioni. Il tecnico, per poter inviare il rapporto di controllo e inserirlo nel database regionale, deve dimostrare di avere tutte le carte in regola. Inoltre, la mappatura dell’esistente è una buona prassi per orientare meglio le politiche, a partire da quelle sugli incentivi per la sostituzione degli apparecchi obsoleti».

Latitanti le Regioni, in molti casi le Provincie e i Comuni sopra i 40mila abitanti, cui spettano per legge i controlli, si sono mossi nel tempo e in autonomia per dotarsi di propri database. «Si tratta però – spiega ancora Maj – di mappature parziali, relative a specifici ambiti territoriali, funzionali al servizio erogato e, soprattutto, sovente differenti fra loro nell’impostazione. Anche se non mancano esempi virtuosi. Come quello di alcune province del centro, come Terni, Chieti, Viterbo, Teramo, Roma e Pescara, in via di adesione, che hanno elaborato e condiviso una procedura comune di gestione del servizio integralmente informatizzata e un software che viene ceduto gratuitamente ai manutentori e consente l’aggiornamento del catasto di ciascun ente in tempo reale».

Riscontri positivi sull’utilità dello strumento arrivano, infine, dalle Regioni che hanno attivato il catasto. «Nel nostro caso – racconta Domenico Santacolomba, del dipartimento Energia della Sicilia, territorio che di recente ha attivato la banca dati – abbiamo mappato lo stato dell’arte, grazie all’aiuto dei gestori dei servizi di energia. Ad oggi, siamo arrivati a individuare 650mila impianti, cioè circa l’80% del totale. Avere una fotografia della situazione, ci consentirà di far partire controlli laddove servono e garantire più sicurezza ai cittadini». 


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