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Dalle riforme una crescita dello 0,4% del Pil
Gli effetti. Nel 2020 l’impatto sarà pari all’1,8% - I risultati maggiori attribuiti al Jobs Act seguito dal riordino della Pa

Le riforme già in fase di implementazione e il varo di quelle previste quest’anno determineranno un impatto positivo sulla crescita economica immediata al prezzo di un «deterioramento temporaneo» dei conti. Nel Documento di economia e finanza (Def) esaminato ieri dal Consiglio dei ministri viene indicato un effetto complessivo legato agli interventi strutturali «considerati ai fini dell’attivazione della clausola di flessibilità» che vale 0,4 punti di Pil l’anno prossimo, quando è prevista una crescita dell’1,3%. L’effetto espansivo si dilaterà ulteriormente negli anni successivi quando il dispiegarsi di tutti gli effetti delle riforme (integralmente attuate) peserà per l’1,8% sulla crescita del Pil reale del 2020, il 3,1% nel 2025 e il 7,6% nel più lungo periodo. 

Più in particolare, sull’anno venturo l’effetto macroeconomico totale delle riforme dovrebbe spingere in avanti di un punto di Pil i consumi e dell’1,1% la spesa per investimenti, mentre l’occupazione crescerebbe dello 0,5%. Sui saldi di finanza pubblica tale effetto espansivo lascia il segno, quel «deterioramento temporaneo» che è dovuto «sia a una copertura finanziaria non integrale, nel solo 2016, della riduzione del cuneo fiscale, sia a un temporaneo calo dei consumi privati e dunque delle entrate fiscali a seguito delle riforme per la competitività». L’indebitamento netto dovrebbe conseguentemente peggiorare di mezzo punto l’anno venturo, con un debito/Pil in crescita dello 0,6%. 

Disaggregando l’impatto di medio termine (2020) delle riforme strutturali considerate, viene attribuito un impatto pari a 0,6 punti di Pil al Jobs Act, di 0,4 punti, rispettivamente, alla riforma della Pa e agli interventi per la competitività, dello 0,3% dall’azione “Buona scuola”, dello 0,1% alla Giustizia. Si equivalgono ma con segni diversi gli effetti di medio termine delle politiche fiscali (cuneo e tassazione Iva e rendite finanziarie) e della spending review: quest’ultima determina un calo dello 0,1% del Pil, le prime un aumento dello 0,1%. 

Fin qui le stime basate sul modello econometrico del ministero dell’Economia. Ma utilizzando i criteri indicati dqalla Commissione Ue negli anni 2016-2025 le riforme strutturali determinerebbero un miglioramento dello 0,21% annuo del saldo primario.


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