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Beni culturali, l’ok non sana l’abuso
Cassazione penale. Il vincolo tutela dal pericolo di modifiche - Per i beni paesaggistici il sì tardivo estingue il reato

Sanzioni penali per chi interviene su un immobile vincolato, anche se si tratta di opere che ottengono successivamente l’autorizzazione del Sovrintendente. Lo sottolinea la Cassazione penale con sentenza 14951 del 13 aprile 2015, relativa ad un edificio nel centro storico di Trieste. L’amministratore dell’edificio aveva fatto sostituire due serrande ed alcuni dispositivi elettrici di chiusura realizzando un foro nella facciata, montando poi infissi grigliati di aerazione senza l’autorizzazione della sovrintendenza. Ne è scaturita un’azione penale che ha condotto la condanna dell’amministratore anche se, nel frattempo, era stata ottenuta l’autorizzazione per l’esecuzione dei lavori, qualificando questi ultimi come compatibili con il vincolo.
La Cassazione penale distingue infatti tra sanzioni contenute nella Codice dei beni culturali e del paesaggio (Dlgs. 42/2004), separando gli abusi su beni paesaggistici rispetto agli interventi sui beni culturali. I beni paesaggistici sono quelli indicati nell’articolo 136 del predetto Codice, ad esempio quelli che ricadono nelle fasce di rispetto dal mare o da corsi d’acqua e quelli sottoposti a tutela dei piani paesaggistici. I beni culturali, invece (articolo 10 Dlgs 42) sono specifici immobili o mobili appartenenti allo Stato o a soggetti pubblici, tra i quali le raccolte dei musei, pinacoteche, gallerie, gli archivi, raccolte librarie, i beni di interesse artistico, storico, archeologico specificamente vincolati (con singoli decreti) ed ogni altro bene che abbia riferimento alla storia politica, militare, letteraria, artistica e scientifica, compresi manoscritti autografi, carte geografiche, fotografie, ville, parchi e giardini, navi ed architetture rurali.

La distinzione tra beni paesaggistici beni culturali si percepisce in modo evidente nel caso di interventi abusivi, cioè carenti di previa autorizzazione del Sovrintendente. Mentre per i beni paesaggistici il reato di abusivismo si estingue quando sopravviene un’ autorizzazione successiva all’intervento, per i beni culturali un’ autorizzazione tardiva del sovrintendente non reca alcun beneficio penale. La stessa sorte delle serrande nel palazzo di Trieste è infatti toccata alla demolizione del solaio dei miei ricostruiti in cemento armato di un immobile vincolato (cassa penale 5834/1999) ed alla realizzazione di un bagno nella sacrestia di una chiesa sconsacrata (e vincolata: Cassazione 46082/2008), interventi sanzionati penalmente anche se muniti di autorizzazione postuma del Sovrintendente. 

Il vincolo che grava sui beni culturali tutela gli stessi dal “pericolo” di modifiche, e quindi la sanzione penale intende prevenire qualsiasi tipo di modifica non previamente autorizzata, anche se successivamente ritenuta compatibile.

I beni paesaggistici sono invece sottoposti a vincolo solo per la loro collocazione in zone di tutela, non per loro caratteristiche intrinseche, sicché la sanzione penale non intende tutelare da un pericolo, bensì da un’ effettiva modifica che risulti contraria al vincolo generale. Sotto l’aspetto strettamente urbanistico, cioè indipendentemente da vincoli (paesaggistici o culturali), gli abusi possono essere sanati dal Comune se vi è la “doppia conformità”, cioè la compatibilità dell’intervento sia nel momento di realizzazione che al momento di richiesta di sanatoria.


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