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Imprese, il fisco molla la presa
I dati Cna sulla tassazione delle pmi. Reggio Calabria è la più vorace, Cuneo la più clemente

Affievolito (ma di poco) nel 2015 il «Total tax rate», il peso fiscale complessivo sulle imprese: l’abolizione della componente lavoro dell’Irap permetterà una diminuzione dell’1,7% del gravame, che scenderà in media dal 63,9% del 2014 al 62,2% di quest’anno. A causa, però, delle differenti imposizioni locali, Reggio Calabria «è prima in classifica per fiscalità» (74,9%), meno oneroso il comune di Cuneo, dove la tassazione si ferma al 54,5%. È quanto si legge nel Rapporto dell’Osservatorio della Cna, Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa, presentato ieri a Roma, al convegno «Comune che vai, fisco che trovi», rimarcando come nei confronti delle aziende di minori dimensioni «continua ad accanirsi un fisco sempre più vorace».

L’organizzazione ha lamentato come gli oneri collettivamente siano «al di sopra del 59,2% raggiunto nel 2011», considerato «l’anno zero del federalismo fiscale»; sarebbe stato possibile, inoltre, scendere sotto il 62,2%, ma il beneficio dell’eliminazione della componente lavoro dell’Irap avrebbe raggiunto valori più ingenti se, è stato precisato, «non fosse stato dimezzato dal maggior prelievo dell’Irpef e dei contributi previdenziali degli imprenditori», al punto che la riduzione dell’Irap si è trasformata in «reddito d’impresa, quindi immediatamente soggetto all’Irpef».

Il panorama, dunque, risente, spiega il dossier (che ha preso in esame 113 città), della «elevata variabilità dei valori catastali degli immobili di impresa, sui quali vengono calcolate Imu e Tasi, e dalle forti differenze della tassazione sui rifiuti solidi urbani, la Tari»: se, come già sottolineato, il capoluogo calabrese detiene la palma del «Total tax rate» (74,9%, con un balzo in avanti del 12,5% sul 2011), al secondo posto c’è un’amministrazione del Nord, Bologna, con il 72,9% (-2,2% sul 2014, +8,3% sul 2011), a seguire Napoli (71,9%).

La Cna mette in risalto come in quarta posizione vi sia Roma, che l’anno scorso «deteneva il poco invidiabile primato» del maggior carico di tasse tuttavia, nell’arco di 12 mesi, la Capitale ha dato una sforbiciata al peso fiscale complessivo «del 2,5%», arrivando a un tasso del 71,7%; al quinto posto Firenze (70,9%).

Più «soft» il prelievo in altre aree del Settentrione: in vetta Cuneo, dove il «Total tax rate» non va oltre il 54,5%, poi Gorizia (55,2%), alla pari Sondrio e Belluno (55,3%), al quinto posto Udine (55,7%).

Ma fin dove si estende, nei 12 mesi, la «longa manus» tributaria? Nel 2015 le pmi lavoreranno mediamente per il fisco «sei giorni meno che» nella precedente annualità, «fino al 14 agosto invece che al 20 agosto»; conta sempre la collocazione geografica, poiché «Cuneo dal 18 luglio ha finito», lo stesso non vale per Reggio Calabria, «impegnata» fino al 29 settembre, e per Bologna il «Tax free day» è il 22 dello stesso mese. Pagate le tasse, poi, su un reddito d’impresa di 50 mila euro ne restano in media «18.930, 889 euro più del 2014».

La Cna ha chiesto l’eliminazione dello «split payment» e del «reverse charge» (novità della legge di Stabilità 2015) «con l’avvio della fatturazione elettronica», nonché la riduzione «del 50%» dell’Imu sugli immobili strumentali delle imprese, imposta che il presidente Daniele Vaccarino ha definito «elemento estremamente pericoloso» e «limite allo sviluppo», perché l’imprenditore «se vuole ampliare il capannone, o il laboratorio o costruirne uno ex novo», si chiede quanto gli costerà di nuove tasse.

Analizzando i dati, a giudizio di Mauro Maria Marino (Pd), presidente della commissione finanze del senato, è «tragicamente vero» che il federalismo fiscale ha «alzato l’imposizione» sulle Pmi.


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