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Incarichi, l’Anac chiarisce le regole
Lettera. Il problema degli amministratori nelle società partecipate pubbliche

Gentile direttore, nello spirito di piena trasparenza sulle proprie attività che caratterizza il comportamento dell’Anac, penso sia utile intervenire in cortese risposta a quanto affermato in due articoli pubblicati il 27 aprile e il 4 maggio. 
Negli articoli si commenta un recente orientamento (il n. 11 del 2015) dell’Autorità, che ha reso esplicita una “giurisprudenza” ormai consolidata, che ha stabilito che le cause di inconferibilità previste dal Dlgs 39 del 2013 si applicano anche nel caso in cui l’incarico amministrativo venga conferito a coloro che si trovino in carica al momento del conferimento. Le disposizioni del decreto non possono essere lette in altro modo: da quando decorrono, infatti, i diversi “periodi di raffreddamento” voluti dalla legge se non dall’istante prima del conferimento, con ciò comprendendo anche coloro che siano attualmente nella carica che rende inconferibile il nuovo incarico? Diversamente ragionando si arriverebbe all’assurdo che per colui che è cessato dalla carica il giorno prima si applica l’inconferibilità, mentre per colui che resta in carica l’inconferibilità non si applica. Si tratta, ripeto, di un’interpretazione da noi già applicata, non certo di una “nuova” ipotesi di inconferibilità e non mi pare che l’esplicito orientamento adottato abbia modificato in nessun modo la situazione di fatto. La conseguenza della dichiarazione di inconferibilità è da un lato la dichiarazione di nullità dell’incarico conferito e dall’altro la sospensione, per tre mesi, dell’organo che ha conferito l’incarico. La norma esiste dal 2013 e le amministrazioni erano obbligate a individuare l’organo competente alla nomina nel periodo di sospensione. Se molte amministrazioni non vi hanno provveduto e ora si trovano in difficoltà nell’effettuare una nuova nomina, non è certo responsabilità dell’Anac. 
Diverso il discorso sulla segnalazione di un’incongruenza del decreto che stabilisce (articolo 7, comma 2) l’inconferibilità di incarichi di amministratori di enti di diritto privato in controllo pubblico anche per coloro che provengano da altri enti di diritto privato controllati a livello regionale e locale, mentre non viene stabilita un’incompatibilità tra i due incarichi (articolo 13). L’inconferibilità è stabilita equiparando la provenienza da cariche “politiche” (componenti degli organi di governo delle diverse amministrazioni pubbliche) alla provenienza da cariche di amministratori di enti di diritto privato in controllo pubblico, ma si tratta di una forzatura. In questo secondo caso, infatti, l’amministratore della società, anche se nominato da un organo di indirizzo politico, non è un politico in senso stretto e non dà luogo a quei dubbi sulla sua imparzialità che sono alla base della disciplina delle inconferibilità. Di questa criticità l’Autorità è ben consapevole e si accinge a segnalarla al Governo e al Parlamento, tra i diversi punti nei quali il decreto n. 39 dovrà essere corretto, anche nel senso di una più attenta revisione della legittimità di “doppi incarichi”, anche tra amministratori di società in controllo pubblico. Ricordo anche che il Ddl Madia sulla riforma della Pa già prevede (articolo 6) una nuova delega per porre mano in modo coerente e organico a queste storture. Fino alla modifica legislativa, però, l’Autorità non può che applicare la disciplina vigente. 
Nell’articolo del 4 maggio, poi, si introduce un nuovo elemento: quello relativo alle incompatibilità tra incarichi dirigenziali nelle amministrazioni controllanti e cariche di amministratore di ente di diritto privato in controllo pubblico, che sarebbe in contrasto con il diverso indirizzo (si veda l’articolo 4 del Dl 95 del 2012, convertito in legge n. 135 del 2012) che premia, invece, la nomina di dirigenti pubblici nelle società controllate dal ministero dell’Economia. Ricordato che l’incompatibilità sancita dal Dlgs n. 39 riguarda solo il livello regionale e locale, si tratta di una contraddizione che va sanata, ma, semmai, sulla base della netta separazione tra controllore e controllato, ad evitare il rischio che le amministrazioni regolatrici e controllanti siano “catturate” dai controllati. Separazione che non vuol dire affatto, come afferma l’articolo «Incognita nullità sui doppi incarichi» pubblicato ieri sul Sole 24 Ore, «moltiplicazione dei soggetti che assumono decisioni, con il rischio di inefficienze e di costi aggiuntivi». Se si vuole razionalizzare il sistema delle partecipate, soprattutto a livello locale, e ridurre i costi si devono eliminare le società inutili e ridurre il numero degli amministratori, non mantenere zone di sovrapposizione di ruoli e di opacità. 
Quanto, infine, alla citazione della precedente delibera Civit n. 48 del 2013, essa non sembra pertinente. In quella delibera l’Autorità si occupa del caso della conferma di un amministratore nello stesso incarico, stabilendo che la conferma è cosa diversa dal conferimento dell’incarico a persona proveniente da un incarico amministrativo in un ente diverso. Nel primo caso l’inconferibilità non può sussistere, perché il confermando non si trova, necessariamente, in nessuna delle situazioni che possano rendere l’incarico inconferibile, nel secondo sì. Come si vede, non vi è alcun cambio di orientamento da parte nostra, ma una diversa interpretazione di situazioni diverse. 

Presidente Anac
Raffaele Cantone


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