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A rischio la rinegoziazione dei mutui degli enti locali
Finanza locale. Manca ancora all’appello il decreto legge che potrebbe liberare fino a 2 miliardi in tre anni

Nemmeno questa sembra la settimana buona per il decreto enti locali. Ad oggi la convocazione del consiglio dei ministri, attesa anche per il via alle assunzioni di 2.500 persone nella Polizia e il varo di una serie di provvedimenti attuativi del Jobs Act, non è ancora arrivata, e in ogni caso l’intenzione del Governo sembra quella di rimandare i provvedimenti in programma dopo il voto amministrativo di domenica prossima. Se ne parlerà la prossima settimana, quindi, ma l’ennesimo rinvio del provvedimento non è senza conseguenze per casse e bilanci locali.
Uno dei problemi più delicati è quello della rinegoziazione dei mutui, che potrebbe liberare fino a due miliardi di euro in tre anni secondo le stime circolate nelle scorse settimane ma rischia di inciampare proprio nelle lungaggini del decreto. Il nuovo provvedimento dovrebbe infatti permettere di accedere alla rinegoziazione anche alle migliaia di enti che ancora non hanno approvato il preventivo (spesso per le incertezze sui numeri determinate ancora una volta dal mancato via libera al decreto), e aprire a un utilizzo almeno parziale dei risparmi anche per finanziare la spesa corrente. 

In attesa del decreto, finora l’operazione è stata puntellata con sostegni che però il passare dei giorni rischia di rendere vani. La Cassa depositi e prestiti ha concesso una proroga che consente di aderire entro lunedì prossimo e di inviare le delibere entro venerdì 5 giugno, e la stessa presidenza del consiglio è intervenuta con una circolare firmata dal sottosegretario agli Affari regionali Gianclaudio Bressa (si veda Il Sole 24 Ore del 26 maggio) per incoraggiare gli enti in esercizio provvisorio ad andare avanti comunque alla luce della «prossima approvazione» del provvedimento. Per rinegoziare i mutui occorre però passare in consiglio comunale, e senza copertura normativa il cammino è tutt’altro che scontato. 

Se il testo arriverà sul tavolo del consiglio dei ministri la prossima settimana, è difficile che il decreto arrivi alla firma del Capo dello Stato e alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale prima dell’8 giugno. Un quadro di questo tipo renderebbe indispensabile un nuovo ritocco dei termini, ma gli spazi non sono infiniti perché in ballo ci sono le rate in scadenza al 30 giugno. Va detto che già con il primo rinvio la Cassa ha mostrato la propria attenzione su un’operazione ad alto valore strategico per gli enti locali, ma ora tutto il meccanismo balla sul filo dei giorni.
La questione è strategica anche perché per molte amministrazioni (fra cui parecchie Province e Città metropolitane) i risparmi possibili con l’adeguamento dei mutui ai tassi di interesse attuali rappresentano la condizione indispensabile per chiudere i preventivi. Ma c’è di più: nel decreto è contenuta anche l’anticipazione da 1,2 miliardi per sostenere le casse dei Comuni, in attesa dei riversamenti di Imu e Tasi che arriveranno fra la fine di giugno e i primi di luglio. Per capire l’entità del problema basta ricordare che nel 2014 l’anticipo statale arrivò a marzo, perché i primi mesi dell’anno sono sempre poveri di incassi; a causa del ritardo, quindi, i conti di molte amministrazioni locali sono vuoti, con la conseguenza ovvia di un diffuso rischio di ritardi ulteriori nei pagamenti.

Nelle bozze degli ultimi giorni era tornata poi a circolare l’ipotesi di rinviare al 31 maggio il riaccertamento dei residui (la scadenza di legge è il 30 aprile), cioè l’operazione-chiave della riforma dei conti perché “pulisce” i bilanci dalle entrate che sono rimaste tali solo sulla carta e non hanno più chance concrete di trasformarsi in incassi reali. A questo punto, però, l’ipotesi pare ormai superata dal calendario, per cui è indispensabile che gli enti ancora in ritardo, nonostante le corse di questi giorni, rimedino in fretta. Il riaccertamento ha infatti lo stesso peso del consuntivo, per cui la legge prevede il commissariamento per le amministrazioni che non chiudono la partita entro i termini fissati dalle diffide inviate dalle Prefetture.


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