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Ecoreati al test del Codice ambiente
La legge 68/2015. Le pene vanno coordinate con le infrazioni già previste dal decreto a tutela del paesaggio

Quattro nuovi reati contro l’ambiente sono scattati dal 29 maggio scorso, data di entrata in vigore della legge 68/2015 che dà un giro di vite agli inquinatori, per i quali sono previste pene più severe. In particolare, il legislatore ha introdotto diverse nuove fattispecie di reato. Tra queste le principali sono: l’inquinamento ambientale, il disastro ambientale, il traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività e l’impedimento al controllo ed ha rivisto alcuni reati già disciplinati dal Codice dell’ambiente (Dlgs 152/2006) quali, ad esempio, l’omessa bonifica.

Il nuovo titolo del Codice penale relativo ai delitti contro l’ambiente, dunque, da un lato, integra la disciplina penale, dall’altro, integra altresì il diritto ambientale sostanziale.
I termini e i casi considerati dalla legge 68 devono allora essere coordinati con quelli considerati dalla norma ambientale sostanziale. 
Si pensi, ad esempio, ai delitti di inquinamento ambientale e di disastro ambientale (articoli 452-bis e 452-quater del codice penale). Il Codice dell’ambiente contiene già una definizione di «inquinamento» introdotta dalla disciplina sull’Aia e sulla tutela delle acque, mentre per le bonifiche (Parte IV, Titolo V) il medesimo decreto fornisce una diversa definizione di «contaminazione». Con il che sorge spontaneo domandarsi se il reato di inquinamento ambientale debba essere letto esclusivamente con riferimento alle definizioni ambientali ovvero possa avere una portata più ampia e generale.

Invero, l’articolo 452-bis riconduce il concetto di inquinamento ad una compromissione o un deterioramento significativo e misurabile di acqua, aria, suolo, sottosuolo, ecosistema, biodiversità, flora o fauna, che sembrerebbero trarre ispirazione più dalla disciplina sul danno ambientale di cui alla Parte VI del Dlgs 152, che dalle specifiche definizioni normative contenute nel medesimo decreto.

Le differenze 
Viene naturale domandarsi se ogni ipotesi di danno ambientale costituisca anche una ipotesi penalmente rilevante di inquinamento ambientale, ovvero se tra le due fattispecie – danno e inquinamento – esistano differenze. La norma ambientale richiede che l’inquinamento sia causato abusivamente, ma invero anche il danno ambientale presuppone un comportamento illegittimo.

Discorso analogo vale anche per il concetto di disastro ambientale, ossia l’alterazione irreversibile di un ecosistema ovvero l’alterazione il cui ripristino sarebbe eccessivamente oneroso ovvero causa di pericolo e offesa alla pubblica incolumità. Anche in questo caso, il concetto di disastro ambientale non trova una propria definizione nel Codice dell’ambiente, ma è la norma penale ad inquadrare la fattispecie sostanziale.

Il disastro ambientale, dunque, dovrebbe rappresentare un qualcosa di più del semplice inquinamento. Mentre l’inquinamento, infatti, per quanto abusivo potrebbe anche essere ripristinato e corretto, il disastro parrebbe rappresentare una compromissione definitiva e particolarmente grave dell’ambiente. 

È bene osservare che entrambe le fattispecie criminali possono essere imputate sia a titolo di dolo (ossia azioni volontarie poste in essere dagli inquinatori), sia a titolo di colpa (articolo 452-quinquies).

Una menzione merita anche il nuovo delitto di traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività di cui all’articolo-452 sexies. Il legislatore ha basato la fattispecie penale sui materiali ad alta radioattività e non – si badi bene – sui rifiuti (espressamente definiti ed inquadrati dal Codice dell’ambiente) ampliando così la casistica del traffico e abbandono.
Non a caso, la norma penale sanziona anche coloro che illegittimamente cedono, acquistano, importano o esportano i materiali radioattivi, configurandosi così un reato di pericolo. Una ulteriore fattispecie di reato introdotta dalla legge 68/2015 è l’impedimento del controllo ambientale (ma anche sui luoghi di lavoro) da parte delle autorità. Questa fattispecie è idonea ad includere i possibili artifici che ostacolino o impediscano le verifiche ambientali.

Aggravanti e attenuanti 
Le nuove disposizioni ambientali, inoltre, introducono anche ipotesi di aggravanti dei delitti ovvero di riduzioni della pena in caso di ravvedimento operoso, laddove sia evitato un ulteriore aggravamento della situazione ambientale ovvero nel caso in cui si provveda alla bonifica o ripristino dello stato dei luoghi.
Infine, per i delitti sopra indicati, la legge 68 introduce anche la confisca dei proventi del reato ovvero dei beni utilizzati per commettere il reato. Unica eccezione, il caso in cui i beni siano di soggetti terzi estranei. Si pensi, ad esempio, ad aree o siti di terzi in cui sono abusivamente sversate sostanze inquinanti.
L’introduzione di nuovi reati ambientali e di pene più severe, porta necessariamente gli operatori a dover agire con maggiori cautele e attenzioni verso l’ambiente.


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