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La spending non impone di rinegoziare i contratti

La spending review non legittima l’ente a rinegoziare i vecchi contratti senza gara. L’obbligo di bandire una gara rispettando i principi europei della libera concorrenza prevale anche sulla prospettiva di risparmi di spesa e benefici organizzativi per l’amministrazione

Non c’è spending review che tenga. L’amministrazione non può continuare ad assicurarsi il servizio in appalto rinegoziando i vecchi contratti senza gara, anche di fronte alla prospettiva di risparmi di spesa e benefici organizzativi interni: bisogna sempre rispettare i principi europei della concorrenza, garantendo un libero confronto fra le imprese nell’accesso alla procedure pubbliche. No all’affidamento diretto e perfino alla procedura negoziata con bando: serve la gara con i criteri dell’offerta economicamente più vantaggiosa. La stazione appaltante non risulta giustificata dalla necessità di dover provvedere in attesa che sia indetta una gara europea. È quanto emerge dalla sentenza 398/15, pubblicata dalla prima sezione del Tar Abruzzo.

Differimento illegittimo. Due Asl si fondono e la nuova azienda sanitaria locale deve risolvere il problema della fornitura di sistemi diagnostici: decide per la via più breve dell’affidamento diretto, motivando la scelta con la necessità di verificare il fabbisogno del territorio e dare poi il via alla gara, garantendo nel frattempo i servizi di assistenza indispensabili. Si tratterebbe dunque di differimenti solo «tecnici» dei contratti ereditati dalle Asl sciolte e per fare il punto della situazione e bandire «procedure competitive economicamente vantaggiose per l’azienda e per la collettività». E ciò per «omogeneizzare i prodotti, allineare i prezzi e aggiornare i macchinari», come emerge dalla delibera. La procedura intrapresa, tuttavia, viola norme nazionali ed europee: trova ingresso il ricorso del concorrente. Già la proroga e il rinnovo senza gara sono contrarie ai principi di trasparenza e imparzialità dell’amministrazione. Ma in questo caso l’Asl dà vita di fatto a un nuovo contratto unico che scaturisce dalla proroga dei vecchi rapporti in essere. Non serve giustificarsi con la spending review laddove l’affidamento diretto consentirebbe con vantaggi definiti «di importanza cruciale e irrinunciabile». Mai le esigenze di contenimento della spesa pubblica, concludono i giudici, possono consentire la distorsione delle regole della libera concorrenza.


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