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Internet, l’Italia resta lumaca
Telecomunicazioni. La relazione annuale del presidente dell’Agcom Angelo Cardani sottolinea l’arretratezza dei collegamenti veloci

Ricavi in calo, soprattutto nei settori tradizionali, regole da aggiornare (tanto per le tlc quanto per la tv) e la cronica arretratezza italiana nella banda larga. La relazione annuale dell’Authority per le comunicazioni riassume carenze più o meno note e tendenze innovative che fanno filtrare ottimismo per il futuro.

Forte e diretto il messaggio sull’«arretratezza» italiana nella diffusione di collegamenti internet ad alta velocità su rete fissa, «preoccupante» soprattutto in riferimento alla banda ultralarga. In questo campo registriamo un livello di copertura del 36% contro il 68% della Ue-28 con situazioni regionali che arrivano al 100%. «Ancora più critica la situazione – sottolinea il presidente dell’Agcom Angelo Marcello Cardani nella sua relazione al Parlamento – se si considera il livello di penetrazione: solo il 4% delle famiglie utilizza connessioni superiori a 30 megabit/secondo, contro il 26% della Ue-28. Praticamente nulle le connessioni superiori a 100 megabit». 

Nel segmento inferiore della banda larga (2-20 Mbps) il divario è appena «accettabile», anche in virtù di un miglioramento dell’1% a livello nazionale rispetto all’anno precedente, ma a fronte di un’infrastrutturazione in linea con la media europea, il livello di penetrazione si presenta più basso, con il 51% delle famiglie abbonate rispetto al 70% della media europea. 
Cardani ricorda a questo proposito le positive ambizioni del Piano strategico varato dal governo, ma evita di addentrarsi nei ritardi che finora ne hanno caratterizzato l’attuazione con il rinvio sine die delle nuove norme di incentivazione e semplificazione per la posa della fibra ottica. 

Il presidente Agcom alterna numeri a suggerimenti ai governi sulla revisione delle regole. Nel 2014 il mercato del macrosettore comunicazioni, oltre 52 miliardi, è calato del 6% – del 7,7% le tlc, del 3,3% i media -. In particolare, negli ultimi cinque anni i media “classici” (quotidiani, tv, radio) hanno complessivamente perso quasi 2 miliardi, con punte superiori al 30% nel caso dei quotidiani. L’offerta di contenuti, l’ecosistema dei fornitori, il risiko delle alleanze stanno stravolgendo i mercati e rendono urgente un ripensamento delle regole, «una riforma ampia della normativa italiana in materia di comunicazioni, informazione e media». Per salvaguardare i media tradizionali, evidenzia Cardani, serve «un radicale ripensamento del disegno istituzionale e regolamentare, anche rivedendo il ruolo dell’intervento pubblico a sostegno del sistema nazionale e locale dell’informazione». 

Nel settore dell’audiovisivo, poi, toccherà alla Commissione europea valutare un eventuale aggiornamento degli obblighi che oggi gravano sui servizi on demand, minori rispetto a quelli che regolano l’offerta tv tradizionale. Un problema se possibile ancora più ampio riguarda il perimetro di azione delle telecomunicazioni, perché in questo caso bisogna iniziare a tenere conto del fatto che gli operatori «subiscono la concorrenza di servizi sempre più utilizzati dai consumatori come sostituti dei servizi tradizionali di fonia e dati, ma che non sono soggetti al medesimo regime normativo».

La velocità di trasformazione delle regole, in altre parole, non sembra all’altezza di quella del mercato, sempre più caratterizzato da nuove tendenze. Cardani ne evidenzia tre a livello europeo: il consolidamento delle imprese mediante acquisizioni e fusioni; l’incremento di accordi tra le Telco e i principali fornitori di servizi media; le forme di partnership tra i produttori di contenuti (film, musica, editori) e i nuovi operatori internet, i cosiddetti over the top.
L’Agcom si candida a sorvegliare l’andamento italiano dei nuovi trend, proseguendo nel contempo il lavoro in altri campi entrati più di recente nell’orbita della sua attività, come il diritto d’autore e il mercato postale. Un vasto portafoglio di compiti, tiene a sottolineare non senza un pizzico di polemica Cardani, che meriterebbe altro riguardo rispetto a quello mostrato da alcuni operatori che evadono il contributo di loro competenza, essenziale per il funzionamento dell’Autorità.


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