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Utilizzo fondi Ue, Regioni in ritardo
Sviluppo rurale. A rischio 1,4 miliardi di contributi europei - Richiamo del ministro Martina ai governatori

Vietato non spendere. Bacchettata del ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, alle regioni per il mancato raggiungimento dell’obiettivo di spesa della vecchia programmazione 2007-2013 dello Sviluppo rurale. E ora il rischio è il disimpegno per 1,4 miliardi di fondi europei. In una fase tanto delicata per l’agricoltura, che ha bisogno di risorse per consolidare i segnali di recupero che arrivano da tutti gli osservatori, l’Italia si permette il lusso di rispedire gli assegni a Bruxelles. È quanto emerge dalle elaborazioni della Rete Rurale aggiornate al 30 giugno e analizzate ieri nel corso di un incontro del ministro con i governatori. 

A fronte di un budget assegnato dalla Ue all’Italia di 8,9 miliardi (a cui va aggiunto lo stanziamento nazionale di 17,6 miliardi) la spesa ancora da realizzare è di 1,4 miliardi, pari dunque al 15%. Ma le performance non sono negative in tutte le regioni. C’è infatti una pattuglia di virtuosi al Centro Nord guidata da Veneto, Lombardia, Emilia Romagna e Toscana a cui si contrappongono, al Sud, Campania, Sicilia, Puglia e Calabria. Un Mezzogiorno, dunque, che continua ad arrancare nonostante la necessità di sostenere con investimenti i processi di modernizzazione del sistema agricolo e rurale. Lombardia e Veneto con una quota da utilizzare di circa il 5% sono le prime della classe e hanno quasi centrato l’obiettivo, ma «tira» anche l’Emilia Romagna, tenendo conto del plafond elevato (527,8 milioni di quota Feasr). Nel Mezzogiorno sono in affanno, in considerazione delle disponibilità, soprattutto Calabria e Campania che devono ancora realizzare rispettivamente il 20 e il 19% della spesa.

«È inaccettabile – ha detto Martina agli assessori – sprecare risorse che sono destinate a far crescere l’agricoltura e che invece rischiano di andare perse». Da qui la richiesta forte di «un cambio di passo radicale; è necessario che le regioni attivino subito delle task force dedicate ad evitare il rischio di disimpegno. I fondi dello sviluppo rurale in particolare sono strategici, proprio perché dedicati agli investimenti, agli interventi che danno futuro al settore». Il ministro ha perciò rilanciato la necessità di «individuare strumenti nazionali che ci consentano un salto di qualità, perché il sistema di governance attuale delle politiche agricole e del rapporto tra Stato e Regioni mostra dei limiti che vanno superati». Le Regioni, da parte loro, (alcune con nuovi presidenti) hanno assicurato l’impegno a mettere in campo strategie efficaci per superare situazioni spesso ereditate da passate amministrazioni. Il ministero non abbasserà la guardia con un monitoraggio serrato settimana per settimana. Bruciare fondi Ue non è certo una novità per l’agricoltura. Un peccato originale che arriva da lontano e che si è tentato di correggere nel 2006, all’avvio della programmazione con la proposta di uno strumento di gestione nazionale. Solo così infatti sarebbe stato possibile compensare le risorse, dirottando a chi sa spendere i soldi delle regioni meno efficienti. Se si aggiunge la premialità per i più bravi il traguardo dell’obiettivo di spesa poteva essere tranquillamente raggiunto senza sacrificare risorse preziose. L’Unione europea, infatti, aveva dato agli Stati membri la possibilità di optare per una programmazione a livello centrale. Ma la proposta avanzata dal Mipaaf sulla condivisione di un unico programma nazionale era stata rispedita al mittente da regioni e province autonome. La proposta era stata costruita in modo da mantenere la responsabilità della gestione delle risorse alle regioni. Ma nonostante le garanzie sull’autonomia gestionale, l’Italia decise di sviluppare la programmazione su 21 Piani regionali e altrettante autorità di gestione. E la compensazione è rimasta nel cassetto. Oggi i nodi sono arrivati al pettine, anche se il primo allarme era stato lanciato nel 2013, ma con l’avvicinarsi dell’ultima scadenza è vera emergenza. 

Intanto il ministero ha assicurato la disponibilità di «cassa» per l’ultimo semestre dell’anno che consentirà di liquidare i programmi approvati. Il ministero dell’Economia e delle finanze ha infatti reso possibile l’utilizzo dell’anticipazione di tesoreria a copertura del saldo del 5% dei programmi stessi con un importo di 450 milioni di quota Ue e altrettanti di cofinanziamento nazionale.


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