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La verifica non è obbligatoria sull’offerta a rischio di anomalia
Appalti. Controlli di congruità solo a certe condizioni

Quando un’offerta non è rilevata come troppo bassa, la verifica di congruità prevista dal codice dei contratti come ulteriore strumento di analisi non è obbligatoria. Il Consiglio di Stato, sezione III, con la sentenza 3329 del 3 luglio 2015 ha chiarito quali sono le condizioni di utilizzo della particolare verifica realizzabile dalle stazioni appaltanti sulle offerte (all’articolo 86, comma 3 del Dlgs 163/2006).
Nel caso analizzato, l’offerta dell’operatore economico oggetto del ricorso non rientrava in uno dei casi disciplinati dall’articolo 86, comma 2, del codice dei contratti, nei quali è prevista la verifica obbligatoria e l’amministrazione ha ritenuto di non dover procedere nella verifica facoltativa prevista dall’articolo 86, comma 3, del codice dei contratti pubblici.
Il Consiglio di Stato evidenzia che l’articolo 86 del codice dei contratti individua, nei commi 1 e 2, distinti criteri per l’individuazione delle offerte che si sospettino essere anomale, a seconda che il criterio di aggiudicazione sia quello del prezzo più basso, ovvero, come nella fattispecie, quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Al comma 3, invece, con una clausola generale valida per entrambe le ipotesi, stabilisce poi che la stazione appaltante può procedere in ogni caso alla valutazione della congruità di ogni altra offerta che in base a elementi specifici appaia anormalmente bassa.
L’esercizio di tale facoltà comporta, pertanto, l’apertura di un subprocedimento in contraddittorio con il concorrente che ha presentato l’offerta ritenuta a rischio di anomalia.
Il supremo organo di giustizia amministrativa precisa tuttavia come la scelta della stazione appaltante di attivare il procedimento di verifica della congruità dell’offerta sia ampiamente discrezionale e possa essere sindacata, in conseguenza, davanti al giudice amministrativo solo in caso di macroscopica irragionevolezza o di decisivo errore di fatto.
Anche per la verifica di congruità (qualora l’amministrazione decida di avvalersene) il Consiglio di Stato rileva come le valutazioni debbano essere compiute in modo globale e sintetico, con riguardo alla serietà dell’offerta nel suo complesso e non con riferimento alle singole voci dell’offerta (collegandosi anche alla linea affermata di recente in altri interventi: sezione VI, Consiglio di Stato 2662/2015; sezione V 2274/2015, ).
Nella stessa sentenza i giudici amministrativi affrontano anche il tema del rispetto dei minimi salariali da parte dell’offerente, richiesto nelle gare con il prezzo più basso dal comma 3-bis dell’articolo 82 del codice, ribadendo come i valori del costo del lavoro risultanti dalle tabelle ministeriali non costituiscano un limite inderogabile, ma semplicemente un parametro di valutazione: l’eventuale scostamento di questi parametri dalle relative voci di costo non legittima di per sé un giudizio di anomalia. In sede di valutazione di congruità delle offerte non possono non essere considerati aspetti particolari che riguardano le imprese: la stazione appaltante deve tenere conto anche delle possibili economie che le imprese possono conseguire (anche con riferimento al costo del lavoro), nel rispetto delle disposizioni di legge e dei contratti collettivi. 
Pertanto, secondo il Consiglio di Stato un’offerta non può ritenersi anomala, ed essere esclusa da una gara, per il solo fatto che il costo del lavoro sia stato calcolato secondo valori inferiori a quelli risultanti dalle tabelle ministeriali o dai contratti collettivi: occorre, invece, una discordanza considerevole e palesemente ingiustificata.


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