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Renzi: «Via Imu e Tasi dal 2016»
Confermato l’azzeramento su prima casa, imbullonati e agricoli - «Dal 2017 Ires al 24%»

Nessun annuncio a sorpresa ma tante conferme. A partire dalla «rivoluzione fiscale», dall’abolizione della tassa sulla prima casa e dell’imu agricola e sugli imbullonati già dal prossimo anno, per poi proseguire nel 2017 con la riduzione al 24% dell’Ires e concludere nel 2018 con il taglio dell’Irpef. La campagna d’autunno di Matteo Renzi è cominciata tra applausi ma anche contestazioni. Un bianco e nero che ben fotografa il clima con cui il premier dovrà fare i conti. Renzi ne era consapevole ancor prima di intraprendere il tour per Rimini, Pesaro e L’Aquila. Tre tappe che Renzi ha sfruttato per ricordare gli impegni già realizzati (Jobs act, riduzione del costo del lavoro, riforma elettorale), ma soprattutto per rilanciare i prossimi obiettivi: taglio delle tasse e riforma costituzionale in primis, «per consentire all’Italia di fare l’Italia».
Un ragionamento che ripeterà nel corso dell’intera giornata a partire da Rimini. Il premier arriva al meeting di Comunione e liberazione accolto da strette di mano e richieste di selfie. Nessun tifo da stadio ma molta curiosità per la sua “prima volta” alla convention ciellina, che non lesina gli applausi quando il premier tocca temi sensibili come la politica per l’immigrazione. «Possiamo anche perdere tre voti, ma non cederemo al provincialismo della paura. Prima salviamo le vite».
Il premier furbescamente apre il suo intervento dicendo che «non voleva venire». «Non certo per questioni ideologiche», rassicura, quanto per non ripetere il rito della passerella dei suoi predecessori che non hanno mai fatto mancare la loro presenza «magari perché appassionati dall’idea di utilizzare questo luogo come una bellisima agorà». Renzi spazia dalla politica internazionale («l’alleanza con gli Stati Uniti è la nostra stella polare ma sarebbe un errore tragico costruire l’Europa contro la Russia») ai suoi ricordi di studente, quando giovane scout cattolico guardava con diffidenza gli esponenti “ciellini”. La platea apprezza, le battute di mani si ripetono così come le risate.
Poi vira sui temi che gli stanno più a cuore. «Berlusconismo e antiberlusconismo hanno bloccato il Paese per vent’anni» attacca ricevendo in cambio l’applauso più fragoroso. Le riforme non sono più rinviabili. E a chi lo accusa, anche dentro il Pd, di mettere a rischio la democrazia con il ridimensionamento del Senato replica con una battuta: «Non è che devi votare tante volte perché ci sia più democrazia. Quello – ironizza – è il Telegatto perché moltiplicando le poltrone si fanno contenti i politici, non gli elettori». Parole che ovviamente non piacciono alla minoranza dem («battute da avanspettacolo» le definisce Vannino Chiti). Renzi però ha deciso di dismettere l’abito grigio per rispolverare quello del rottamatore, di chi non ci sta a farsi imbrigliare dalla “casta”. «Presentano 500mila emendamenti? Una risata li seppellirà», rilancia con riferimento alle richieste di modifica della riforma del Senato. Nel mirino del premier naturalmente finisce anche Matteo Salvini e la sua serrata annunciata per novembre. «Vuole bloccare il Paese per tre giorni? Lo hanno fatto per vent’anni!».
Lo ribadirà qualche ora dopo anche al teatro Rossini di Pesaro dove fuori lo attendono alcune decine di contestatori dei centri social. Il presidente del Consiglio non risparmia neppure Beppe Grillo. Dietro di lui scorre il video in cui il leader dei 5stelle a marzo dichiarava il fallimento dell’Expo: «Ancora oggi ci sono tre ore di fila». Il messaggio è chiaro e ripetuto. Renzi vuole rimpossessarsi della bandiera del cambiamento, lasciando sull’altra sponda i “gufi”, quelli che parlano «sempre male dell’Italia». 
Il premier sciorina tabelle e numeri. «Ora che il Pil torna a crescere apro i giornali e vedo facce che dicono: “il Pil cresce poco”. Certo è chiaro che lo 0,5% in più non basta, ma oggi siamo circondati da numeri che confermano che il cambiamento è in corso». Guai però a sedersi. «Bisogna correre». E la riforma fiscale è per questo decisiva. «Il prossimo anno togliamo Tasi e Imu per tutti. Non è possibile continuare con questo giocattolino dove la tassa sulla prima casa l’abbiamo messa e tolta, messa e tolta». Poi nel 2017 sarà il turno dell’Ires che conferma di volerla portare al 24%, «più bassa della Spagna» e poi l’anno successivo «sull’Irpef». «Non abbasso le tasse per cercare consenso, ma perché così si realizza giustizia sociale». E a chi nel suo partito lo accusa di aver dimenticato la lotta all’evasione, il premier ricorda che «quest’anno abbiamo recuperato il 7% in più».
Un leit motive che riproporrà anche a L’Aquila. È la prima volta che il presidente del Consiglio visita la città del terremoto. «Volevo venire non per fare annunci shock, ma per offrire un contributo concreto e adesso che abbiamo approvato la delibera del Cipe posso garantirlo». Il clima però è tutt’altro che sereno nel capoluogo abbruzzese. Gruppi di contestatori nell’attesa del suo arrivo danno vita a scontri con le forze dell’ordine costringendo il premier a rinunciare alla tappa alla villa comunale. Renzi però tira dritto. Nel suo intervento al Gran Sasso Institute rilancia il piano per il Mezzogiorno e garantisce l’impegno del governo nel confronto non facile con la Ue sulle esenzioni fiscali per i terremotati. Nessuna promessa: «È una vicenda seria, che doveva essere gestita in maniera diversa. Adesso cercheremo di metterci una pezza nelle modalità e nelle forze che siamo in grado di utilizzare».


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