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Nuovo fisco locale, le compensazioni sono l'incognita
Dopo l'uscita di Renzi

L’incertezza sul futuro assetto del fisco immobiliare vanifica la programmazione finanziaria dei comuni. Entro fine ottobre, la maggior parte dei municipi dovrà approvare il Documento unico di programmazione (Dup) che rappresenta la chiave di volta del nuovo sistema di pianificazione comunale. Ma senza una seppure minimale definizione della struttura delle imposte e dei margini di manovra consentiti ai sindaci, tale esercizio rischia di rivelarsi un’inutile perdita di tempo. Il cantiere della nuova local tax, come si sa, è aperto da diversi mesi, ma le recenti dichiarazioni del premier Matteo Renzi hanno sparigliato le carte, costringendo a rivedere l’ipotesi iniziale che prevedeva l’accorpamento di Imu e Tasi e lo scambio fra il gettito dell’imposta municipale applicata sui fabbricati produttivi (che oggi va allo Stato fino a concorrenza dell’aliquota base del 7,6 per mille) e quello dell’addizionale comunale Irpef. Peraltro, la detassazione di tutte le prime case, che si realizzerebbe se venisse eliminata la Tasi, porrebbe rilevanti problemi di copertura dei mancati incassi da parte dei comuni (circa 4 miliardi): a tal fine, sarebbe quasi inevitabile ricorrere a trasferimenti erariali compensativi, sulla falsariga di quanto accaduto con i precedenti provvedimenti di abolizione targati Berlusconi e Letta, visto che i comuni già dal 2013 incamerano il 100% dell’Imu sulle seconde case (solo nel primo anno di vigenza dell’imposta il gettito è stato diviso a metà tra Stato e municipi) e quindi non vi sarebbero partite di giro possibili con cui compensare i sindaci senza far leva sui trasferimenti.


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