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Avvocati, doppio percorso per le specializzazioni
Decreti in Gazzetta. Possibile frequentare corsi o far valere le proprie esperienze

Sarà operativo dal 14 novembre il nuovo regolamento sulle specializzazioni degli avvocati. Ieri, infatti, sono approdate in Gazzetta (n. 214) le nuove regole che dovrà seguire il legale che vuole fregiarsi del titolo di specialista. Diciotto le aree di specializzazione individuate dal decreto n. 144/2015: dal diritto di famiglia alla proprietà, dal diritto industriale a quello fallimentare fino al diritto dell’Unione europea. L’avvocato, però, dovrà circoscrivere la sua scelta a due settori da indicare al Consiglio dell’Ordine di appartenenza. 
Due i percorsi alternativi per ottenere la qualifica di avvocato specialista. La frequenza di corsi di durata biennale o la comprovata esperienza nel settore di specializzazione. Per quanto riguarda i corsi, il compito di formare i nuovi specialisti è affidato alle Università legalmente riconosciute che, nei Dipartimenti di giurisprudenza, metteranno a punto dei percorsi da sottoporre, per una valutazione dei programmi didattici, al ministero della Giustizia. 
Sarà una commissione permanente composta da sei esperti (due magistrati nominati da via Arenula, due avvocati scelti dal Cnf e due professori universitari selezionati dal Miur), ad elaborare, con occhi attenti alle best practices, i programmi per formare gli avvocati “doc”. Per assicurare un taglio pratico, i corsi saranno organizzati d’intesa, con la stipula di specifiche convenzioni, con il Consiglio nazionale forense o con i consigli degli ordini degli avvocati. Al Consiglio nazionale forense è concessa l’opportunità di stipulare le convenzioni con gli Atenei anche d’intesa con le associazioni specialistiche più rappresentative. Nelle convenzioni dovrà anche essere stabilito il comitato scientifico misto composto da docenti individuati tra professori universitari di ruolo e avvocati di comprovata esperienza abilitati al patrocinio nelle corti superiori. Non solo. Tra gli organi, è stabilita l’istituzione di un comitato di gestione con cinque componenti.
Via libera anche alle lezioni telematiche a distanza. E’ poi lo stesso decreto a fissare la durata dei corsi che dovrà essere spalmata in almeno due anni con un numero di ore non inferiore a 200. Precisi paletti anche per i tempi della didattica frontale che non potrà scendere sotto le 100 ore, mentre l’obbligo di frequenza è fissato nella misura minima dell’80% dell’intera durata. Scandite nel decreto anche le verifiche. Per gli aspiranti specialisti gli esami non finiscono mai: per raggiungere il titolo sarà necessario, infatti, superare almeno una prova, scritta e orale, al termine di ogni anno. A giudicare la preparazione del candidato sarà una commissione nominata dal Comitato scientifico e composta, per almeno due terzi, da membri esterni al corso. Via libera, poi, alla domanda di iscrizione negli elenchi tenuti dai Consigli e accessibile on line, riservata a chi ha frequentato, con esito positivo negli ultimi cinque anni, i corsi. Ma non basta. La strada della specializzazione è preclusa a chi è stato “punito”, nei tre anni precedenti la domanda, con una sanzione disciplinare definitiva, diversa dall’avvertimento, o da chi ha subito, nei due anni precedenti la richiesta, la revoca del titolo.
L’altro percorso è incentrato sull’esperienza nei campi di specializzazione. E’ così previsto un riconoscimento d’ufficio per i professionisti iscritti ininterrottamente all’albo da almeno otto anni e che, congiuntamente, abbiano esercitato, negli ultimi cinque anni “in modo assiduo, prevalente e continuativo”, l’attività forense in uno dei settori prescelti. Documentazione alla mano, l’avvocato dovrà provare di aver trattato nel quinquennio incarichi professionali “rilevanti per quantità e qualità” almeno pari a 15 per anno. 
Per finire, nella disposizione transitoria è previsto un titolo, da consegnare però dopo una prova orale e scritta, a chi, nei cinque anni precedenti l’entrata in vigore del regolamento, ha ottenuto l’attestato di frequenza, almeno biennale, di un corso di alta formazione specialistica organizzato da Cnf o dalle associazioni specialistiche maggiormente rappresentative. 
Il titolo va poi mantenuto. Anche qui un percorso in salita: lo specialista dovrà dimostrare, ogni tre anni, di avere rispettato gli obblighi di formazione permanente e di aver conseguito almeno 75 crediti nel triennio e comunque non meno di 25 per ogni anno. L’alternativa è provare di aver svolto sul campo l’attività specialistica nei tre anni trattando almeno 15 incarichi fiduciari. E siccome dal regolamento non devono derivare oneri a carico dello Stato, i corsi li pagano i partecipanti. Nella Gazzetta di ieri, ancora un Regolamento destinato ai legali (decreto 143/2015) quello relativo alle forme di pubblicità dell’esame di Stato utile per l’abilitazione. Il decreto, con il quale vengono indette, le prove sarà pubblicato in Gazzetta almeno 90 giorni prima degli scritti. Il testo sarà inserito nei siti del ministero della Giustizia e del Cnf entro 10 giorni dalla pubblica.


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