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Concorsi senza corsia preferenziale per i dirigenti delle Entrate decaduti
Consiglio di Stato. I giudici amministrativi: per anni le strutture di vertice dell’Agenzia fuori dai principi costituzionali

Nessuna corsia preferenziale per gli ex «incaricati» nel concorso per i dirigenti delle Entrate. La modifica al regolamento dell’Agenzia che ha consentito la nomina di funzionari in incarichi dirigenziali senza concorso, poi sanata con una norma dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale lo scorso marzo (sentenza 37/2015), ha posto l’amministrazione finanziaria «nelle proprie strutture di vertice, e per anni, al di fuori del quadro delineato dai principi costituzionali». Sono le conclusioni della sentenza 4641/2015 (presidente Russo, estensore Forlenza) depositata ieri con cui la quarta sezione del Consiglio di Stato mette la parola fine sulla querelle giudiziaria dei circa 1.200 dirigenti nominati senza concorso nelle agenzie fiscali (800 solo alle Entrate) durata oltre quattro anni.
La pronuncia della Consulta era nata proprio dalla “sollecitazione” dei giudici amministrativi che avevano rimesso alla Corte costituzionale la questione sulla legittimità dell’articolo 8, comma 24, del Dl 16/2012, che aveva consentito sul piano legislativo alle agenzie fiscali di ricorrere a situazioni-tampone in attesa dello svolgimento dei concorsi. E proprio alla luce dello stop a quella norma arrivato in primavera ora il Consiglio di Stato riconsidera la vicenda del concorso bandito per 175 posti da dirigente alle Entrate su cui il sindacato Dirpubblica aveva già vinto il primo round al Tar del Lazio. Nelle motivazioni con cui viene rigettato l’appello delle Entrate, il Consiglio di Stato mette nero su bianco come la prassi di nominare dirigenti senza concorso abbia, di fatto, rappresentato una vera e propria alterazione delle regole del gioco: «Il regolamento dell’agenzia delle Entrate ha violato sia il principio di eguaglianza dei cittadini nell’accesso ai pubblici uffici (nella specie, dirigenziali), espresso dall’articolo 51 della Costituzione, sia il principio secondo il quale ai pubblici uffici si accede mediante concorso (ex articolo 97 della Costituzione)». Una violazione ritenuta di «estrema gravità, in base alla quale si è proceduto al conferimento di diverse centinaia di incarichi dirigenziali, con ripercussioni evidenti non solo sul principio di buon andamento amministrativo, ma anche sulla stessa immagine della Pubblica amministrazione e sulla sua “affidabilità”, per di più nel delicato settore tributario, dove massima dovrebbe essere la legittimità e la trasparenza dell’agire amministrativo». Si è trattato, secondo il Consiglio di Stato, di un’«attribuzione di incarichi dirigenziali senza concorso, senza criteri, e con un esercizio di discrezionalità del quale sfuggono al giudice amministrativo parametri e limiti». E non può essere addotte giustificazioni «relative alla impossibilità di bandire i concorsi per assenza dell’idoneo regolamento o per impedimenti derivanti dal blocco delle assunzioni o da altri casi».
Fin qui il passato. Per il futuro – e qui c’è la conclusione del ragionamento dei giudici amministrativi – gli incarichi assunti senza una procedura selettiva non possono essere fatti pesare né nella valutazione dei titoli né nella prova orale in relazione alla valutazione del percorso formativo e professionale. Un bando che, quindi, emendato di queste due componenti potrebbe anche sopravvivere, in quanto – precisa il Consiglio di Stato – non vi sono «ragioni per escludere dalla partecipazione alla selezione sia i funzionari non destinatari di incarichi, sia questi stessi ultimi, ovviamente con esclusione di ogni considerazione degli incarichi da loro illegittimamente svolti». 


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