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Ministeri e grandi enti, stretta da 1,5 miliardi con tagli «modulari»
Spending. Confronto ancora in corso per centrare l’obiettivo

Tagli modulari con percentuale di riduzione di spesa per missione, e in alcuni casi costo di funzionamento, diversa per ogni ministero. Il tutto accompagnato da una revisione delle uscite più organica per altri capitoli. È lungo questi binari che si sta sviluppando, non senza qualche difficoltà, il piano di tagli ai ministeri. Che alla fine di un lungo confronto tra i tecnici del ministero dell’Economia e di palazzo Chigi da una parte e dei singoli dicasteri dall’altra dovrà garantire almeno 1,5 miliardi di risparmi. Una fetta importante della nuova spending review che complessivamente dovrebbe arrivare a quota 6-7 miliardi, anche se si sta valutando ancora la possibilità di salire a 8 miliardi recuperando un mini-intervento sulle tax expenditures. 
La partita con i ministeri non è ancora chiusa. Anche nel Consiglio dei ministri di lunedì scorso sarebbe stata fatta una valutazione della situazione. Soprattutto in relazione alle coperture da individuare per sostenere la manovra da 26-28 miliardi (ma non è escluso che si possa anche scendere a 25 miliardi) alimentata in gran parte dalla flessibilità trattata con Bruxelles, che non dovrebbe comprendere gli 0,2 punti di Pil legati alla cosiddetta clausola migranti, considerata fortemente a rischio. All’appello mancherebbero ancora circa 3 miliardi. Che il Governo conta di recuperare in parte dal lato della spending e per l’altra fetta da quello delle entrate facendo leva, oltre che sui 2,5 miliardi attesi dall’operazione sul rientro dei capitali, dal capitolo giochi e anche da micro interventi sul versante delle attività produttive per il quale scatterà comunque un consistente alleggerimento del carico fiscale (super-ammortamenti, primo taglio dell’Ires e altre misure).
Ieri sul complesso della manovra e sui nodi ancora da sciogliere, tagli e coperture compresi, c’è stato un nuovo incontro a Palazzo Chigi al quale hanno partecipato il premier Matteo Renzi, il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, e i tecnici della Presidenza del consiglio, del Mef e diversi altri ministeri. Che dovranno contribuire anche con tagli, con il meccanismo della riduzione percentuale variabile a seconda delle voci e del dicastero. Ma il quadro non è di semplice composizione, anche perchè nonostante la disponibilità mostrata non c’è sempre unifomità di vedute sulle voci da aggredire.
Due restano i punti fermi della nuova spending: gli interventi su sanità e acquisti Pa. Nel primo caso anche al termine dell’incontro di ieri con le Regioni il Governo ha confermato la riduzione di due miliardi del previsto aumento del Fondo sanitario. Altri 0,5-0,8 miliardi dovrebbero arrivare con l’operazione sulle forniture che riguarderà soprattutto gli ospedali. Il nuovo meccanismo dei centralizzazione degli acquisti si tutta la Pa, imperniato sulla riduzione a 34 stazioni appaltanti e sul metodo Consip, garantirà altri 1,5-2 miliardi.
Dai 0,2 agli 0,5 miliardi potrebbero poi arrivare da un mini-intervento di riordino sulle tax expenditures. Dopo un’attenta riflessione si starebbe infatti valutando l’ipotesi di intervenire su alcuni settori (ad esempio quello dell’agricoltura) e sulle cosiddette agevolazioni doppione con l’esclusione in ogni caso di quelle familiari o legate al welfare. Il riordino completo degli sconti fiscali verrebbe realizzato in tempi più lunghi.
Del capitolo spending farà parte anche il giro di vite sulle partecipate, che scatterà con il testo unico di attuazione della riforma Pa in arrivo a fine mese. Ma la legge di stabilità conterrà già alcune misure di raccordo per assorbire nell’impalcatura contabile della manovra i risparmi, che comunque il primo anno non saranno consistenti (non più di qualche centinaia di milioni). Confermato anche l’anticipo nella manovra di altre misure previste dalla riforma Pa, come quelle sull’ulteriore sforbiciata agli enti inutili (ma senza un disboscamento a vasto raggio) e sull’eliminazione degli uffici di un paio di Authority e di altri enti considerati doppioni di analoghe strutture ministeriali.


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