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Va in soffitta il Senato «doppione»
L’addio al bicameralismo perfetto e l’elezione in secondo grado di Palazzo Madama cuore della riforma

«Alla Costituente io fui tenace sostenitore di un’integrazione della rappresentanza che avrebbe dovuto affermarsi ponendo accanto alla Camera dei deputati un Senato formato su base regionale… sembra che sia in questa direzione che bisogna avvicinarsi per dare una ragion d’essere a una seconda Camera che non sia, come avviene per l’attuale Senato, un inutile doppione della prima». Queste parole del padre costituente e grande giuspubblicista Costantino Mortati (siamo nel 1973) ben chiariscono la portata storica della riforma costituzionale approvata ieri dal Senato per quanto riguarda il superamento del bicameralismo perfetto dopo quasi 70 anni di vita repubblicana. Gli articoli 1 e 2 del Ddl Boschi, cuore della riforma, stabiliscono da una parte che sarà la sola Camera dei deputati a dare o togliere la fiducia al governo e dall’altra che il Senato si trasforma in una Camera rappresentativa delle istituzioni territoriali con la principale funzione di raccordo tra Stato, Regioni e Ue. Un Senato di soli 100 membri – 74 consiglieri regionali, 21 sindaci e 5 senatori nominati dal Capo dello Stato – che non percepiranno indennità propria in quanto già stipendiati dalle Regioni o dai Comuni. Il risparmio dei costi della politica, uno degli obiettivi di Matteo Renzi e del suo governo fin dall’inizio, è rafforzato dalla norma che prevede che i consiglieri regionali non potranno percepire un’indennità maggiore a quella dei sindaci delle rispettive città capoluogo.
La questione dell’elettività o meno del Senato ha diviso per mesi il partito del premier, con la minoranza bersaniana decisa a ottenere l’elezione diretta dei futuri senatori. Il compromesso trovato in corner nel Pd, con la riscrittura del quinto comma dell’articolo 2, ha infine superato lo scoglio politico più grande permettendo la lettura veramente decisiva di ieri (le tre successive, fino a marzo, si limiteranno a ribadire il testo): i senatori saranno “scelti” dai cittadini nell’ambito del voto regionale e poi eletti formalmente dai Consigli. Una soluzione originale che dà maggior peso politico al futuro Senato, e questo non può che essere un bene, ma non cambia i capisaldi della riforma che sono appunto il superamento del bicameralismo perfetto e l’abolizione del Senato elettivo. Esattamente quello che fin dall’inizio si è proposto il premier. D’altra parte i capisaldi del Ddl Boschi, dal superamento del bicameralismo perfetto alla riscrittura del Titolo V di cui scriviamo a pagina 9, erano contenuti nel documento conclusivo dei 35 saggi del governo Letta voluti da Giorgio Napolitano. Nonché, va ricordato, nella “bozza Violante” del lontano 2007. Una via già tracciata, che tuttavia attendeva la volontà e la forza politica per essere percorsa.


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