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Se il sindaco bilancia il prelievo con le case
Il caso. Indici e superfici

Il punto di partenza è chiaro: i costi del servizio devono essere integralmente coperti dalla tariffa. Ma qual è la ripartizione tra famiglie e attività produttive? In altre parole, se ne fanno maggior carico le utenze domestiche o quelle non domestiche?
Non c’è una risposta univoca, perché la situazione cambia di Comune in Comune. 
A Pavia la percentuale dei costi complessivi a carico delle famiglie è del 60%, a Genova del 56% e a Cuneo del 57,44 per cento. A Napoli la suddivisione è a metà mentre a Venezia sono le categorie produttive a farsi carico di circa il 65% della spesa del servizio (a Genova questo succedeva fino al 2010, poi c’è stata un’inversione di tendenza).
Nella città lagunare la copertura integrale dei costi c’è già dal 2011 e, da quell’anno, la spesa non è più sostanzialmente variata. Il Comune ha inoltre previsto tariffe lievemente più alte a Venezia che a Mestre per le categorie più frequentate da turisti come ristoranti e pub. 
Cuneo riconosce uno sgravio a chi avvia processi di recupero e, nel ripartire i costi tra famiglie e aziende, considera anche i chilogrammi prodotti . 
La regola da seguire è quella della proporzionalità con la produzione dei rifiuti (fondata sul principio del «chi inquina paga»):nella maggior parte dei casi i Comuni utilizzano il metodo normalizzato basato sulla superfice occupata e sui coefficienti presuntivi del Dpr 158. 
«Ma i parametri del 158 hanno vent’anni – dice però Donato Berardi – e non corrispondono più a una realtà in cui molti scarti sono diventati materie prime seconde. La vera frontiera è quella della pesatura con l’introduzione di tariffe puntuali, un’esperienza avviata, oltre che in alcuni piccoli centri del Veneto e del Trentino, anche a Parma e Trento».


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