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Un sostegno alla ripresa ma la manovra da sola non basta
L’ANALISI 

La manovra che per il governo è «espansiva» e per il capogruppo di Forza Italia Renato Brunetta è invece tutta «mance e marchette», veleggia verso l’esame in aula della Camera e del passaggio finale al Senato in una versione che ha subìto non poche modifiche rispetto all’impianto di partenza. La novità più rilevante riguarda l’inserimento del pacchetto sicurezza e cultura, finanziato con l’incremento dal 2,2 al 2,4% del deficit 2016. La dote aggiuntiva pari a circa 3,2 miliardi (2,6 diretti alla sicurezza) contiene una sorta di riserva per circa 1,2 miliardi, per neutralizzare gli effetti della possibile minor crescita del 2016 (l’obiettivo è l’1,6%) ma anche per far fronte a una eventuale decisione di Bruxelles che in primavera potrebbe non autorizzare in toto le diverse clausole di flessibilità chieste dal governo. 
Nessun anticipo al prossimo anno del taglio dell’Ires. Il ricorso all’ulteriore maggior deficit di fatto “prenota” lo sconto atteso dalla Commissione europea per la clausola migranti, e in parte anche per eventi eccezionali quali l’emergenza terrorismo. La parte espansiva della manovra è per buona parte affidata al taglio della Tasi sulla prima casa, al super-ammortamento e al credito di imposta per i beni strumentali, ma anche ai correttivi introdotti dalla commissione Bilancio della Camera relativamente al capitolo Mezzogiorno, che vale nel totale 2,4 miliardi per 4 anni (oltre 600 milioni l’anno fino al 2019). 
Per quel che riguarda il capitolo sociale, si registra l’anticipo al 2016 dell’aumento a 8mila euro della no tax area per i pensionati. L’interrogativo è se una manovra che nell’attuale stesura supera i 30 miliardi sia effettivamente in grado di far decollare la crescita ben oltre lo 0,8% previsto per quest’anno. Lo ha sottolineato ieri il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi: migliora la percezione e l’ottimismo di consumatori ed imprese, «ma lo scatto netto, bruciante per agganciare una crescita stabile e robusta non c’è ancora». 
La legge di stabilità potrà contribuire a sostenere la ripresa, ma occorrerà il simultaneo interagire di diverse altre componenti. La prima, fondamentale è la fiducia (l’effetto terrorismo si miscela da noi con quel che sta accadendo dopo il salvataggio di quattro istituti di credito di fatto falliti). La seconda è la spinta, ben più vigorosa di quel che promette il Piano Juncker, della decisiva componente degli investimenti pubblici e privati, da decidere in primis a livello europeo. La terza attiene all’insieme delle variabili esogene, in un contesto di iperliquidità per effetto delle manovre della Bce ma di permanente stasi dei prezzi. Il punto è che la spinta della domanda interna (peraltro ancora modesta) non sembra al momento in grado di compensare l’effetto della contrazione della domanda estera, proprio nel momento in cui, dopo reiterati annunci, la Fed apre una nuova stagione con il rialzo dei tassi, prosegue il rallentamento delle economie emergenti e dell’economia globale e la caduta del prezzo del petrolio nei dintorni se non al di sotto della soglia dei 35 dollari a barile. 


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