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Congresso Aiccre (3-5 marzo 2011): il documento politico

Si avvicina il Congresso dell’AICCRE (3-5 marzo 2011): l’idea di un’Europa federale e unita è più che mai attuale e può essere il fulcro del superamento dell’attuale crisi internazionale. Il documento politico.

L’idea di un’Europa federale e unita è più che mai attuale. Affiorò per la prima volta in un momento storico di particolare crisi: quello della seconda guerra mondiale. Ed oggi, seppur in scenari completamente mutati, questa idea di Europa potrebbe essere il fulcro del superamento dell’attuale crisi internazionale. D’altro canto gli Stati nazionali europei caratterizzati dal principio della sovranità assoluta sono stati all’origine allora di guerre coloniali e delle due devastanti guerre mondiali. Ed oggi? Non sono gli interessi nazionali a frenare il processo di costruzione dell’Europa Unita? Queste alcune considerazioni emerse dal Documento politico dell’AICCRE in previsione del XIV Congresso dell’Associazione che si terrà il 3, 4 e 5 marzo prossimi.

IL DOCUMENTO POLITICO

AICCRE
ASSOCIAZIONE ITALIANA PER IL CONSIGLIO DEI COMUNI E DELLE REGIONI D’EUROPA
Sezione italiana del CCRE
XIV Assemblea congressuale nazionale
Roma, 3,4,5 marzo 2011
Documento politico

Il sistema dei Poteri locali e regionali per una Unione europea federale per un assetto planetario capace di perseguire la pace per il governo dei processi globali e delle loro ricadute sulle comunità locali

Sono trascorsi sessanta anni dalla costituzione del Consiglio dei Comuni d’Europa/CCE (Ginevra, 28-30 gennaio 1951) e cinquantanove  dalla costituzione della relativa Sezione Italiana, l’Associazione Italiana per il Consiglio dei Comuni d’Europa/AICCE (Roma, 26-27 gennaio 1952).
Entrambi, CCE e AICCE, furono costituiti per “sviluppare lo spirito europeo nei Comuni e nelle Collettività locali per promuovere una Federazione di Stati europei basata sull’autonomia di dette Collettività” e “assicurare la partecipazione e la rappresentanza dei Comuni e delle Collettività locali negli organismi europei e internazionali” (dallo Statuto del CCE).
Dopo la Dichiarazione federalista di Robert Schuman (9 maggio 1950), il CCE iniziò, ancor prima della firma del Trattato istitutivo della prima Comunità europea, quella del Carbone e dell’Acciaio/CECA (Parigi, 18 aprile 1951), la sua battaglia per la costruzione della Federazione europea, della quale anche il sistema dei poteri locali fosse pilastro.
A distanza di tanti decenni dall’inizio della costruzione di una Unione europea, giunta a contare 27 Stati nazionali europei e destinata a crescere con riferimento agli Stati balcanici e a altri Stati, che non ha eguali come realtà istituzionale capace di concorrere al governo dei processi che interessano in maniera interdipendente le diverse aree geografiche ed economiche del pianeta Terra, dobbiamo domandarci in quale maniera il Consiglio dei Comuni e delle Regioni d’Europa (CCRE) e l’Associazione Italiana per il Consiglio dei Comuni e delle Regioni d’Europa (AICCRE) possano ancora concorrere al completamento della costruzione  di un soggetto sopranazionale europeo su basi federali.
L’intero pianeta Terra è stato (ed è tuttora) scosso da una crisi finanziaria, trasformatasi in crisi economica e sociale, che sta evidenziando la non adeguatezza degli assetti istituzionali nazionali, consolidatisi dopo la caduta del muro di Berlino (9 novembre 1989), a governare ineluttabili processi globali che sconvolgono le  strutture finanziarie, economiche, sociali e ambientali a quegli assetti riferite.
La determinazione che segnò il processo di costruzione europea su basi federali, già durante la seconda guerra mondiale (Luigi Einaudi, Eugenio Colorni, Ernesto Rossi e Altiero Spinelli, ancor prima di Robert Schuman, Jean Monnet, Alcide De Gasperi, Konrad Adenauer e Paul Henri Spaak, costituiscono i riferimenti culturali, politici e morali della costruzione europea), e che dette luogo al fermento di iniziative per la costruzione della Federazione europea dal quale, anche, nacquero il CCRE e l’AICCRE, deve essere oggi riaffermata al fine di concorrere a fronteggiare i processi che, in maniera sempre più interdipendente e con velocità crescente, interessano l’intero pianeta.
Detti processi, in mancanza di istituzioni sopranazionali capaci di governarli,  sconvolgono l’assetto planetario e accrescono gli squilibri sociali: da quelli concernenti la finanza e la moneta  alla loro ricaduta sull’economia e sull’  assetto sociale, dalla crescita della popolazione mondiale alla disperata migrazione delle parti più deboli di essa, dal consumo eccessivo delle risorse naturali non rinnovabili alla compromissione irreversibile dell’ambiente, dal miglioramento delle condizioni di benessere di una parte minoritaria della popolazione del pianeta al precipitare in condizioni di crescente povertà, fame e malattia di un’altra parte notevole di detta popolazione.
Il pianeta è cosparso di episodi di guerra che si manifestano soprattutto nelle aree geografiche più povere. L’ONU, anche a causa della sua caratteristica di organizzazione internazionale ma non dotata di organi sopranazionali capaci di governare i processi mondiali, è incapace di costruire e sviluppare durature condizioni di pace. L’Unione europea dovrebbe assumere l’iniziativa politica per configurare l’ONU come soggetto sopranazionale capace di governare i processi planetari (la fame, le malattie, i conflitti armati nelle regioni più povere del mondo, il prelievo delle risorse naturali, in particolare quelle energetiche, l’ambiente, attraverso una propria  rappresentanza unitaria nel Consiglio di Sicurezza, in sostituzione della presenza di diversi Stati europei in rappresentanza di se stessi.
Gli Stati nazionali europei caratterizzati dal principio della sovranità assoluta sono stati all’origine di guerre coloniali e delle due devastanti guerre mondiali dello scorso secolo.
L’Europa intergovernativa del Trattato istitutivo della Comunità Economica Europea (Roma, 25 marzo 1957), che ha attenuato il carattere di sopranazionalità della CECA, e dell’Atto Unico di Lussemburgo/L’Aia (17-28 febbraio 1986) ha stabilizzato la pace tra gli Stati nazionali europei anche attraverso la libera circolazione delle merci, dei capitali, delle persone e dei servizi. Essa, divenuta Unione (Trattato di Maastricht, 7 febbraio 1992), accresciutasi quantitativamente fino agli attuali 27 Stati e sviluppatasi sia istituzionalmente sia con il trasferimento di competenze dagli Stati nazionali fino al Trattato di Lisbona (entrato in vigore il 1. dicembre 2009, insieme alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea), costituisce un importante soggetto che, insieme ad altri, antichi e di recente crescente importanza nello scenario mondiale, potrebbe concorrere alla costruzione di un sistema planetario capace di affrontare e risolvere le controversie internazionali con metodi pacifici. Peraltro, la nascita dell’€uro (in circolazione dal 1. gennaio 2002: attualmente sono 17 gli Stati dell’Unione che fanno parte dell’€uro zone) ha costituito un primo pilastro di un edificio monetario-economico-finanziario che può concorrere al rafforzamento di politiche interne di stabilità, sviluppo e coesione economica, sociale e territoriale, da una parte; dall’altra, ad accentuare il ruolo pacifico planetario dell’Unione. Tuttavia, esso non potrà essere costruito in assenza di volontà politica degli Stati dell’Unione.
La persistenza della caratteristica intergovernativa dell’attuale Unione europea non consente ad essa di operare sullo scenario mondiale con la necessaria autorevolezza e accresciuta capacità di incidere sul governo dei processi planetari che le deriverebbero da un assetto federale.
Necessita un Governo sopranazionale, federale, della Unione europea che risponda ad un Parlamento eletto a suffragio universale e diretto e a un Senato degli Stati anche rappresentativo dei poteri locali e regionali.
Occorre una Costituzione della Unione europea che fissi in maniera inequivocabile i principi e i valori della tradizione culturale dell’occidente, a partire dal rispetto della persona umana, e l’architettura istituzionale basata sui principi della rappresentanza democratica dei cittadini e dei soggetti istituzionali che dovranno caratterizzarla anche a seguito dell’ingresso di nuovi Stati.
Di fronte allo scenario sin qui tratteggiato, di grande rilievo può ancora risultare il ruolo dei poteri locali e regionali, organizzati nel CCRE e nelle Sezioni nazionali degli Stati della Unione europea.
Essi, durante i sessanta anni che corrono dalla Dichiarazione Schuman, hanno operato, attraverso i gemellaggi tra poteri locali e regionali degli Stati europei (anche di quelli ancora non facenti parte delle Comunità e, infine, dell’Unione), per abbattere le incomprensioni tra i cittadini di diverse nazionalità e sviluppare la consapevolezza di una cittadinanza europea tra i cittadini europei, nel rispetto delle caratteristiche identitarie di ciascuno;  hanno concorso alla costituzione, nell’ambito del Consiglio d’Europa, del Congresso dei poteri locali e regionali, aperto anche a Paesi esterni alla Unione europea; hanno concorso ad un assetto più democratico, seppure ancora insufficiente, della Unione europea attraverso l’elezione a suffragio universale e diretto del Parlamento europeo e la istituzione del Comitato delle Regioni; hanno sostenuto il principio di sussidiarietà, recepito fin dal Trattato di Maastricht; hanno contribuito alla formulazione di politiche di coesione economica, sociale e territoriale proponendo e sostenendo la creazione di strumenti finanziari per la loro attuazione (in primo luogo il Fondo Sociale Europeo/FSE e il Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale/FEDER) direttamente gestiti dai poteri  locali e regionali; sono stati attori nella formulazione e nella conduzione della politica mediterranea dell’Unione europea.
I vantaggi conseguiti alle comunità locali dal processo di costruzione europea si misurano anche dalla quantità di risorse economiche che la Unione europea, nonostante un bilancio derivante esclusivamente dalle scarse risorse trasferite dagli Stati nazionali, ha destinato per l’attuazione di politiche comuni (a partire da quella agricola) e di coesione.
Tuttavia, le comunità locali sopportano anche le conseguenze di processi (finanziari, monetari, economici) che avvengono su scala mondiale e che non possono essere governati a causa della inadeguatezza degli istituti internazionali (FMI, BM), nei quali gli Stati europei sono presenti singolarmente, e della impossibilità di incidere su di essi da parte dell’Unione europea a causa del suo assetto intergovernativo e non sopranazionale.
Le criticità sociali e occupazionali che, in conseguenza di detti processi, investono i singoli Stati nazionali e, drammaticamente, si manifestano nelle realtà locali, vengono fronteggiate con misure nazionali inadeguate rispetto alla loro origine e dimensione globale. Tra le criticità più inquietanti vi è quella derivante dalla imponenza dei fenomeni migratori verso i Paesi europei. Essa rischia di mettere in discussione, nelle comunità locali, principi fondamentali quali il rispetto per la persona umana e dei diritti stabiliti nella Dichiarazione universale dei diritti umani delle Nazioni Unite (Parigi, 10 dicembre 1948) e nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. L’assenza di un Governo autenticamente europeo (cioè, sopranazionale) non consente la elaborazione e l’attuazione di politiche comuni capaci di fronteggiare dette criticità.
Ad esse si aggiungono, tra le altre, le problematiche dell’energia e dell’ambiente. Esse continuano ad essere affrontate singolarmente dagli Stati nazionali europei nonostante essi, nelle sedi internazionali (ad esempio, in occasione della XV Conferenza ONU sul clima, Copenhagen, 7-18 dicembre 2009), non possano fare altro che constatare la loro impotenza di fronte alle posizioni dei grandi Stati mondiali. Anche per quanto attiene a tali problematiche, le conseguenze (localizzazioni di nuovi impianti, sconvolgimenti ambientali, si manifestano concretamente nelle realtà locali senza possibilità alcuna di intervento delle Regioni e dei poteri locali.
Di fronte a tali situazioni, il sistema dei poteri locali e regionali deve assumere iniziative per completare, a partire dai risultati conseguiti con il Trattato di Lisbona, la costruzione di una Unione europea su basi federali, al fine della costituzione di un Governo sopranazionale europeo capace di concorrere al governo dei processi che, in maniera sempre più interdipendente, investono l’intero pianeta.
Dalle autonome comunità a misura d’uomo agli Stati uniti d’Europa: l’antico motto all’insegna del quale sono state combattute dal CCRE e dall’AICCRE importanti battaglie, alcune delle quali coronate da successo, può nuovamente essere assunto come riferimento per una rinnovata battaglia riferita contestualmente alle problematiche europee e a quelle nazionali.
Circa queste ultime, la questione del federalismo nazionale deve essere affrontata organicamente con riferimento sia al Senato delle Regioni sia al riordino del sistema dei poteri locali e regionali e al ruolo del Consiglio delle Autonomie locali previsto in ogni Regione dall’articolo 123 della Costituzione della Repubblica, seppure quale semplice organo di consultazione fra la Regione e gli enti locali, per la istituzione del quale l’AICCRE si è per anni battuta.
In un sistema federale bicamerale, oltre ad un ramo del Parlamento federale direttamente eletto dai cittadini, deve figurare l’altro ramo rappresentativo dei soggetti istituzionali territoriali, in primo luogo delle Regioni. Qualsiasi altra risposta alla esigenza di una rappresentanza territoriale darebbe luogo ad una situazione analoga all’attuale, con duplicazione inutile (anzi, dannosa per il funzionamento dell’intero sistema istituzionale) delle funzioni dei due rami del Parlamento. Le rappresentanze istituzionali delle Regioni nel Senato federale sarebbero rafforzate da una rivalutazione del Consiglio delle Autonomie locali.
Per altro verso, il sistema dei poteri locali e regionali deve basarsi sulle comunità di base (i Comuni), su un ente intermedio unico e sulle Regioni, all’insegna dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza. La semplificazione dell’assetto istituzionale, al fine di perseguire gli obiettivi di efficacia, efficienza ed economicità dell’azione amministrativa, è fondamentale anche per tradurre correttamente i principi del federalismo fiscale contenuti nell’articolo 119 della Costituzione repubblicana, con particolare attenzione alle esigenze di solidarietà implicite nella previsione del “fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante”.
Infine, sono recenti le decisioni della Unione europea concernenti la disciplina finanziaria degli Stati nazionali, alle quali seguiranno necessarie determinazioni nazionali (con ricadute rilevanti sulle finanze locali e regionali e, quindi, sulla quantità e qualità dei servizi ai cittadini di competenza delle Regioni e degli enti locali).
L’AICCRE continuerà a sviluppare la propria azione politica perché i Comuni, le Province, le Regioni e gli altri soggetti rappresentativi delle comunità locali, in maniera sempre più consapevole, perseverino nell’azione, iniziata sessanta anni or sono con il CCE, per costruire un organico sistema federale ai livelli europeo,  nazionale e regionale, rilanciandola sulla base delle conquiste acquisite, alla luce delle situazioni nuove che stanno caratterizzando l’epoca nella quale viviamo.
L’AICCRE auspica di condurre detta azione in un rinnovato rapporto di collaborazione con le altre associazioni dei poteri locali e regionali, ANCI, UPI, Legautonomie, UNCEM. Tale rinnovato rapporto è necessario per affrontare unitariamente e contestualmente il non rinviabile riordino del sistema delle autonomie locali e regionali e, quindi, concorrere, insieme al Parlamento nazionale, alla proposta del Senato delle Regioni e delle autonomie locali in sostituzione dell’attuale Senato della Repubblica, da una parte; dall’altra, alla proposta del Senato degli Stati nazionali in sostituzione dell’attuale Consiglio Europeo, al fine di configurare un assetto istituzionale dell’Unione europea di tipo federale. AICCRE, ANCI, UPI, Legautonomie e UNCEM, sulla base di detti obbiettivi politici comuni, dovranno migliorare e potenziare la collaborazione in maniera da evitare ridondanze e semplificare la rappresentanza delle associazioni dei poteri locali e regionali, ai diversi livelli operativi, e renderla più incisiva nel riguardi dei soggetti istituzionali provinciali, regionali, nazionali ed europei con i quali è necessario e opportuno interloquire, tra l’altro, per adeguare, dal punto di vista normativo e strumentale, alle mutate esigenze di una società in rapida trasformazione, l’ordinamento amministrativo regionale, nazionale ed europeo.
In questo spirito, l’AICCRE, in collaborazione con le altre Associazioni, intensificherà le relazioni con le Regioni e gli enti locali per facilitare l’accesso alle risorse dei fondi finanziari dell’Unione europea e accrescerà il supporto agli enti locali per potenziare la rete di gemellaggi che continuano a costituire un importante strumento per radicare la costruzione europea nella cultura dei cittadini e facilitare la consapevolezza della opportunità di una comune cittadinanza europea.
L’AICCRE, altresì, conferma l’esigenza di uno stretto rapporto con le organizzazioni federaliste, MFE, CIME, AEDE, CIFE, necessario per rendere più efficace e sinergica l’azione per la costruzione di una Unione europea su basi federali che ciascuno di detti soggetti esercita nel proprio ambito.
Le considerazioni e gli intendimenti sopra manifestati costituiscono gli indirizzi dell’azione che l’AICCRE svilupperà anche negli organi del Consiglio dei Comuni e delle Regioni d’Europa e della organizzazione internazionale Città e Governi Locali Uniti/CGLU, nel convincimento della necessità di accrescere l’impegno per la costruzione di una Unione europea caratterizzata da una dimensione federale e dalla partecipazione istituzionale dei poteri regionali e locali alla formulazione delle politiche e alla loro traduzione operativa.

Roma, 3 gennaio 2011


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