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Federalismo modello Lombardia
Il Ministro Tremonti da Cernobbio: fissati standard di spesa che impediranno agli amministratori locali di agire come Cetto La Qualunque. Intanto però, secondo la Cgia Mestre, la spesa è cresciuta soprattutto in regioni virtuose come l’Umbria e l’Emilia-Romagna

Il federalismo fiscale fissa degli standard di spesa che impediranno agli amministratori locali di agire come Cetto La Qualunque. Lo ha affermato il Ministro dell’economia, Giulio Tremonti, intervenendo sabato scorso al Forum di Cernobbio. “Il federalismo fiscale è come un diesel, non si può immaginare che parta di colpo. Si fissano degli standard di spesa oltre cui non si potrà andare – ha aggiunto – lo vedrete dal lato dei costi. Prima gli enti locali si ispiravano al principio del ‘più spendi più voti prendi’ nello stile di Cetto La Qualunque, ora avranno uno stile e un criterio nei conti al livello più alto, quello della Lombardia. Dovranno spiegare perché spendono di più”. La Lombardia come modello federalista, dunque? “La nostra idea di federalismo, mi perdoni Bossi, è più avanzata della loro perché fondata sulla sussidiarietà e non sul localismo che rischia di non portarci lontano”, ha detto il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni, durante l’intervento conclusivo della ‘due giorni’ di Rete Italia a Riva del Garda. “La nostra sussidiarietà è il vero federalismo, non come quello della Lega – ha spiegato il governatore lombardo -. Scherzi a parte, siamo buoni alleati, molte idee della Lega sono buone, molte nostre sono buone, siamo alleati amici”. Nel frattempo però sembrano proprio gli enti storicamente più virtuosi a mostrare una curva ascendente della spesa. Negli ultimi 10 anni infatti, se la spesa regionale è cresciuta mediamente del 75% e nelle realtà a statuto speciale addirittura dell’89%, le regioni più “spendaccione” sono risultate essere l’Umbria (+143,7%), l’Emilia Romagna (+140,3%) e la Sicilia (+125,7%). È quanto emerge da un’analisi della Cgia di Mestre. Nel dettaglio la Cgia spiega che tra il 2000 e il 2009 la spesa delle regioni italiane è aumentata del 75,1%. L’inflazione, sempre nello stesso periodo, ha registrato un incremento molto più contenuto: +22,1%. In termini assoluti, invece, le uscite complessive delle nostre regioni sono passate da 119,3 mld di euro a 209 mld di euro. Se distinguiamo le regioni a statuto ordinario da quelle a statuto speciale, osserviamo che la spesa delle prime è aumentata del 70,6%, quella delle seconde dell’89%. A livello regionale il maggior aumento di spesa si è registrato in Umbria (+143,7%), seguono l’Emilia Romagna (+140,3%) e la Sicilia (+125,7%). Appena fuori dal podio troviamo la Basilicata (+115,2%), il Piemonte (+91,8%) e la Toscana (+84,6%). La Provincia autonoma di Trento (+43,2%), il Veneto (+40,9%) e la Campania (+40,3%) sono state, invece, le tre realtà territoriali più parsimoniose. In termini di spesa pro capite, spetta alla Valle d’Aosta il primato delle uscite riferite al 2009 (13.182 euro), sul secondo gradino del podio troviamo la Provincia di Bolzano (10.013 euro) e sul terzo quella di Trento (8.465 euro). “Intendiamoci – sottolinea Giuseppe Bortolussi segretario della Cgia di Mestre – maggior spesa non sempre è sinonimo di spreco o di una cattiva gestione della finanza pubblica. Chi, soprattutto al Centro Nord, ha investito in questi ultimi 10 anni in maniera importante sulla sanità e sull’assistenza sociale, oggi può contare su livelli di qualità e di quantità dei servizi offerti ai propri cittadini che sono tra i più elevati d’Europa. Detto questo, non possiamo nascondere che alcune regioni, tipo quelle a statuto speciale, presentano livelli di spesa che solo in parte sono coperte dalle entrate proprie. Ciò vuol dire che la specificità di alcuni territori è garantita dallo sforzo fiscale fatto dai contribuenti delle realtà a Statuto ordinario: un meccanismo, quest’ultimo, che va progressivamente eliminato per il bene di tutti”. L’analisi della Cgia si chiude con uno sguardo sulla dinamica registrata negli ultimi 10 anni dalle singole funzioni di spesa. La voce che ha subito l’incremento più sostenuto è stata quella dell’Assistenza sociale (+185,8%), seguono gli oneri non attribuibili, l’istruzione e la formazione (+86,9%) e la sanità (+74,3%). In termini assoluti, oltre la metà dell’aumento della spesa totale è attribuibile alla sanità . Infatti, su un aumento di spesa complessivo pari a 89,6 mld di euro, 45,9 mld sono in capo alla sanità. Tornando a Tremonti, il ministro sempre da Cernobbio ha sottolineato come “la competizione internazionale oggi non è per nazioni ma per blocchi e continenti. Per come è messo adesso il mondo – ha osservato il ministro – sarebbe meglio avere l’Iri e la vecchia Mediobanca, ossia strutture capaci di organizzare un sistema”. Per il titolare dell’Economia, “la competizione è tra giganti. Noi – ha osservato – continuiamo a fare spezzatini, mandiamo le municipalizzate contro i monopoli pubblici”. Il ministro ha spiegato che il governo presenterà in consiglio europeo una legge antiscalate identica ai francesi anzi, ha sottolineato, “la presenteremo direttamente in francese”. “Se non va bene – ha detto – simul stabunt, simul cadent”. In quest’ottica la Cassa depositi e prestiti potrà creare un fondo come quello strategico francese, che è nel capitale di Danone. Abbastanza trasparente quindi il riferimento al possibile impegno del nuovo fondo per un investimento in Parmalat. “Le nuove norme – ha spiegato – già permettono alla Cassa depositi e prestiti di creare un fondo aperto ai privati e identico al fondo strategico francese. Se nel loro fondo c’è Danone, non si vede cosa c’è di strano …” alludendo alla vicenda Parmalat. “In Francia – ha aggiunto – c’è il mercato, e anche in Italia”. Il ministro ha poi assicurato che il Governo farà una riforma fiscale corrispondente alla filosofia politica portata avanti dal ’94 dai governi Berlusconi. “Metteremo nel Programma nazionale di riforma un disegno di legge delega sulla riforma fiscale – ha detto – abbiamo dei tavoli di lavoro che produrranno un disegno importante. Faremo la riforma fiscale, perfettamente corrispondente alla filosofia politica che abbiamo proposto dal 1994”. L’obiettivo sarà quello di disegnare un sistema più semplice con aliquote più basse delle attuali. “Il sistema – ha spiegato – dovrà essere progressivo. Adesso, in alcuni casi, abbiamo l’impressione che la progressività sia al contrario; deve essere competitivo e deve essere semplice, adesso abbiamo 240 forme di deduzione ed esenzione”. Quanto ai possibili spazi per una riduzione immediata delle tasse, Tremonti ha osservato: “Stiamo studiando tutte le ipotesi e le chance possibili”.


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