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Poteri dei sindaci limitati
La Corte costituzionale ha stabilito che i primi cittadini potranno adottare provvedimenti per l'incolumità pubblica solo se contingibili e urgenti

La Corte costituzionale limita i poteri dei sindaci, dichiarando parzialmente illegittima una norma introdotta nel luglio 2008, durante il Governo Berlusconi. La norma (art. 54, comma 4, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 – Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, come sostituito dall’art. 6 del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92 – Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 24 luglio 2008, n. 125) consentiva ai sindaci di adottare “provvedimenti, anche contingibili e urgenti nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento, al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana”. La Suprema Corte con la sentenza n. 115 di ieri ha stabilito l’illegittimità costituzionale della norma, “nella parte in cui comprende la locuzione «anche» prima delle parole «contingibili e urgenti»”.
In sostanza i sindaci potranno adottare provvedimenti per l’incolumità pubblica solo se “contingibili e urgenti”.
La Corte costituzionale è intervenuta in seguito ad una richiesta del TAR del Veneto. L’associazione “Razzismo stop” si era rivolta al TAR contro un provvedimento del sindaco di Salvezzano che vietava l’accattonaggio nel territorio comunale. Secondo la Consulta “si deve […] ritenere che la norma censurata, nel prevedere un potere di ordinanza dei sindaci, quali ufficiali del Governo, non limitato ai casi contingibili e urgenti – pur non attribuendo agli stessi il potere di derogare, in via ordinaria e temporalmente non definita, a norme primarie e secondarie vigenti – viola la riserva di legge relativa, di cui all’art. 23 Cost., in quanto non prevede una qualunque delimitazione della discrezionalità amministrativa in un ambito, quello della imposizione di comportamenti, che rientra nella generale sfera di libertà dei consociati”. La Corte ha poi aggiunto che “l’assenza di una valida base legislativa, riscontrabile nel potere conferito ai sindaci dalla norma censurata, così come incide negativamente sulla garanzia di imparzialità della pubblica amministrazione, a fortiori lede il principio di eguaglianza dei cittadini davanti alla legge, giacché gli stessi comportamenti potrebbero essere ritenuti variamente leciti o illeciti, a seconda delle numerose frazioni del territorio nazionale rappresentate dagli ambiti di competenza dei sindaci”. Si tratta “di vere e proprie disparità di trattamento tra cittadini, incidenti sulla loro sfera generale di libertà, che possono consistere in fattispecie nuove ed inedite, liberamente configurabili dai sindaci, senza base legislativa, come la prassi sinora realizzatasi ha ampiamente dimostrato. Tale disparità di trattamento”, concludono i giudici, “se manca un punto di riferimento normativo per valutarne la ragionevolezza, integra la violazione dell’art. 3, primo comma, Cost., in quanto consente all’autorità amministrativa – nella specie rappresentata dai sindaci – restrizioni diverse e variegate, frutto di valutazioni molteplici, non riconducibili ad una matrice legislativa unitaria”.
“Il pronunciamento della Corte costituzionale sull’ampliamento del potere di ordinanza affidato ai sindaci contenuto nel pacchetto sicurezza del 2008 non lascia sorpresi”, afferma Sergio Chiamparino, Presidente della Associazione nazionale dei comuni italiani, il quale ricorda che l’Anci, nella fase di predisposizione della norma “evidenziò la necessità che l’ampliamento degli strumenti e dei poteri per fronteggiare la crescente domanda di sicurezza che viene dai cittadini fosse disciplinato dalla legge in un quadro organico riguardante la materia della sicurezza urbana”. Chiamparino ricorda che proprio dalle sollecitazioni che venivano dalla società si avviò il percorso che si concluse con il varo del pacchetto sicurezza. “L’esigenza di dare risposte adeguate, efficaci e durature in ordine a fenomeni che interessano la vita quotidiana dei cittadini e l’ordinato svolgimento della convivenza civile – spiega Chiamparino – c’era e c’è ancora; lo stesso concetto di ‘sicurezza urbana’ che si è ormai diffuso discende da quelle sollecitazioni che, ancora oggi, necessitano di strumenti adeguati. Il merito dei sindaci è stato di richiamare l’attenzione del legislatore e del Governo su tali questioni”. “La pronuncia della Consulta – conclude – censurando la previsione secondo cui il potere sindacale può essere esercitato anche al di là dei presupposti di contingibilità ed urgenza in assenza di una disciplina normativa primaria lascia aperta comunque la possibilità di un intervento normativo adeguato ed organico, come avevamo chiesto a suo tempo, salvaguardando l’esigenza di fornire alle comunità locali gli strumenti adatti a fronteggiare il ‘problema’ e i principi costituzionali in cui tutti ci riconosciamo”.


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