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Spending review, il punto sulla riduzione delle province
Entro questa settimana si conclude la prima fase del processo di riordino delle province

Entro questa settimana si conclude la prima fase del processo di riordino delle province, così come previsto dalla spending review.
Entro oggi 3 ottobre i Consigli delle autonomie locali voteranno le prime ipotesi di riordino da consegnare alle regioni, cui spetterà entro il 25 ottobre di chiudere la proposta definitiva da inviare al Governo.
L’altro ieri i Consigli delle autonomie locali (Cal) di quattro regioni hanno votato sul riordino. Cercando, in alcuni casi, di forzare la legge. Chiedendo deroghe. Pretendendole, quasi.
Il governatore della Basilicata Vito de Filippo ha annunciato l’altro ieri il suo no alla provincia unica, dicendo che anche Umbria e Molise – nella stessa situazione – si opporranno. Non sono le uniche.
In Veneto il Cal ha deciso che le province devono restare sei, oltre alla città metropolitana di Venezia: Belluno viene confermata per “la specificità riconosciuta dallo Statuto”, Treviso grazie all’annessione del comune di Scorzé, Rovigo “per la peculiarità del polesine”, Padova “per le caratteristiche della realtà territoriale”.
Poi ci sono le Marche, dove il Cal si è spaccato in modo bipartisan e ha sancito che le province passino da 5 a 4: Ancona, Pesaro-Urbino, Ascoli-Fermo e Macerata, nonostante – dice chi è contrario – quest’ultima non abbia i requisiti.
Più virtuose Liguria ed Emilia Romagna: nella prima Genova diventa città metropolitana, e le province diventano Savona-Imperia e La Spezia. Nell’altra la città metropolitana è Bologna, resta Ferrara, mentre si unificano Piacienza e Parma, Reggio Emilia e Modena, e Rimini, Forli e Ravenna in un’unica “provincia della Romagna”.
Ha fatto i compiti anche l’Abruzzo, che propone secco la riduzione da 4 a 2: L’Aquila-Teramo e Pescara-Chieti.
E sembrano avere le idee chiare in Puglia, dove – anche se non si è ancora votato – Barletta, Andria e Trani vanno con Foggia, Lecce rimane e si fondono Taranto e Brindisi.
Altrove, è ancora guerra: in Piemonte il governatore Cota ha dato il suo assenso a 5 province, salvando Biella e Vercelli dall’accorpamento alla cosiddetta “grande Novara”.
In Toscana, su dieci province è in regola solo Firenze, e si dovrebbero fondere Prato-Pistoia-Lucca-Massa Carrara, Pisa e Livorno (sic!) e Arezzo e Siena, con Grosseto unita a una delle ultime due: gli appelli alle deroghe si sprecano, con il Pd che invoca il mantenimento della provincia di Siena.
Il Lazio, addirittura, non farà alcuna proposta: intende impugnare la norma davanti alla Consulta (anche i ricorsi al Tar sono tanti, da Imperia a Matera, da Treviso a Sondrio).
A proposito di Lombardia, ieri mattina si è riunito il Consiglio delle autonomie locali (Cal) della Lombardia, che ha approvato una proposta di riordino delle province lombarde che prevede l’accorpamento di Como, Lecco e Varese e di Cremona e Lodi, con la richiesta di deroga per Monza-Brianza, Mantova e Sondrio.
In Sardegna si dovrebbe tornare alle quattro province storiche.
In Campania, invece, il destino della provincia di Benevento è ancora in bilico. Nessun comune, di quelli confinanti con il territorio sannita, ha dato la propria disponibilità per passare da una provincia all’altra. La proposta della conferenza permanente Regione Campania-Autonomie locali è di chiedere alla giunta Caldoro di proporre al Governo centrale una deroga all’accorpamento della provincia di Benevento, l’unica che non risponde ai requisiti previsti dal decreto convertito in legge sulla spending review, con quella di Avellino. Una deroga motivata dalla storia del territorio sannita e dalla centralità della Campania nel Mezzogiorno.
Parallelamente sarà presentato ricorso alla Corte costituzionale contro il testo per violazione dell’articolo 133 della Costituzione, il quale prevede che “il mutamento delle circoscrizioni provinciali e l’istituzione di nuove province nell’ambito di una regione sono stabiliti con leggi della Repubblica, su iniziative dei comuni, sentita la stessa Regione”.
La decisione emersa ieri sarà trasmessa domani alla giunta regionale, che dovrà poi formulare la richiesta di deroga al governo.
Oggi sarà anche il turno della riunione del Cal del Piemonte e dell’Umbria.


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