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Chiusa la sanatoria: risultati sotto le attese, boom di colf e badanti

È finita a mezzanotte la sanatoria 2012, a trenta giorni esatti dall’apertura delle procedure per le domande d’emersione inaugurate sabato 15 settembre.
Una finestra di 30 giorni che non ha mancato di suscitare polemiche, fraintendimenti e qualche incomprensione, provocando continui interventi e chiarificazioni da parte del Ministero dell’Interno, dell’Inps, dell’Inail e anche dell’Avvocatura dello Stato.
La procedura di emersione, si è detto, non è, ufficialmente, una vera “sanatoria”: questa, per lo meno, è la posizione del ministro per la Cooperazione Andrea Riccardi, che ha difeso lo spirito del provvedimento, come l’ultima spiaggia prima dell’arrivo di regole molto restrittive su indicazione dell’Unione europea, fresca vincitrice del premio Nobel, anche per la tutela dei diritti umani.
La sanatoria, infatti, recepiva la direttiva comunitaria n.52 del 2009, che invitava i Paesi membri ad adottare sanzioni più pesanti per chi usufruisce di manodopera illegale entro i confini dell’Unione. Ecco, dunque, da dove scaturiva il nuovo “salvacondotto”: consentire ai datori di lavoro di sistemare le carte dei propri lavoratori, con il pagamento del ticket di mille euro, che, però, potevano lievitare fino a 15mila a seconda della tipologia di lavoro svolto e dei mesi di contributi da saldare.
I dati finali, a conclusione delle domande di regolarizzazione, sono chiarissimi: sfondato il tetto delle 115mila domande pervenute allo Sportello Unico per l’Immigrazione, con assoluta predominanza dei moduli EM-DOM, cioè di quelle richieste d’emersione avanzate nei confronti di collaboratori domestici o famigliari.
Il dato eclatante è infatti che, per circa 100mila domande presentate agli Sportelli unici per l’immigrazione a favore di colf, badanti e collaboratrici di casa, ne troviamo altre 15mila risicate, inerenti lavoratori di tipo subordinato. Un gap che certamente non rispecchia le reali proporzioni dei lavoratori illegali presenti nel nostro Paese.
Una sanatoria per le colf, insomma, più che per le aziende, nonostante il decreto specificasse sin dall’entrata in vigore come i procedimenti, civili e penali, a carico di datori di lavoro che si fossero serviti di lavoro nero extra Ue avrebbero conosciuto un blocco straordinario.
Un condono che, stando alle proporzioni del sommerso in Italia, avrebbe dovuto chiamare adesioni a frotte: addirittura, i sindacati parlavano di mezzo milione di utenti potenzialmente interessati.
E invece, le cifre sono state molto più basse, soprattutto nel comparto più strettamente agricolo-industriale, dove la manodopera clandestina è molto gettonata, ma evidentemente si propende per non stipulare contratti troppo a lungo termine con gli stranieri e continuare a puntare sull’illegale, in barba alle sanzioni presenti e future.
Spesso, infatti, i clandestini vengono assoldati con rapporti stagionali o comunque a termine prefissato: una condizione che disincentivava il ricorso a una procedura di emersione finalizzata all’assunzione definitiva del clandestino, una volta ottenuto l’ok alla domanda.
Così, insomma, si può giustificare il risultato al di sotto delle attese sul fronte delle aziende, cosa che invece non è avvenuta nell’orbita delle collaboratrici domestiche, dove, invece, stabilizzare il rapporto con una persona di fiducia è la garanzia migliore di legarla per sempre alle proprie esigenze famigliari. Inoltre, poi, c’è da riconoscere come in questo ambito fosse lecito il ricorso a contratti a tempo determinato.
Sanatoria poco elastica, dunque, che ha finito per privilegiare il target delle colf e delle badanti, nonostante la benedizione ”urbi et orbi” di salvezza dal rischio di incriminazione per i mesi passati illegalmente in Italia e per la presa in carico, da parte del datore di lavoro, di un collaboratore sprovvisto di valido permesso di soggiorno.

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