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Patto di stabilità: arriva l’aiuto ai piccoli comuni
Il Governo ha approvato un ordine del giorno della Camera in cui è stata chiesta l’esenzione dei piccoli comuni dal patto di stabilità

Durante l’esame della legge di stabilità il Governo, in un ordine del giorno approvato dalla Camera, primo firmatario Massimo Fiorio, ha fatto richiesta che i piccoli Comuni venissero risparmiati o che almeno il loro assoggettamento al patto di stabilità fosse rinviato. L’esecutivo, pur senza sbilanciarsi, si è impegnato ad analizzare la questione già nella trasmissione del provvedimento al Senato, sede in cui il patto potrebbe subire qualche lieve modifica.
Esclusi cambiamenti dell’ultima ora, il Patto sarà effettivo per tutti i comuni con più di 1.000 abitanti dal 1° gennaio 2013, verrà così diminuito il limite della quota precedente che era 5 mila. I piccoli comuni, come evidenzia l’odg di Montecitorio, si troveranno di fronte a gigantesche difficoltà a gestire i relativi vincoli, sia in termini amministrativi che, soprattutto, in termini finanziari.
Sotto il primo profilo, il patto stabilisce vari adempimenti organizzativi e burocratici cui il personale degli enti di dimensioni più piccole con difficoltà riuscirà a far fronte visto che solitamente il personale è presente in numero esiguo ed è privo di formazione specialistica oltre che ad essere impegnato nella gestione di attività eterogenee.
Sul secondo versante, c’è il rischio di generare effetti negativi visto l’allargamento della platea degli enti sottoposti al patto, in questo modo si determina un ulteriore, netta diminuzione della spesa pubblica per investimenti. Il patto, inoltre, si pone come un ostacolo quasi insormontabile alla realizzazioni delle unioni o delle convenzioni che, entro la fine del prossimo anno, gestiranno obbligatoriamente in forma associata le funzioni fondamentali comunali.
L’Anci, a tal proposito, ormai da tempo ha inoltrato la richiesta, assunta attualmente anche dal Parlamento, di ripristinare la deroga per i piccoli comuni (proposto un innalzamento della soglia di esenzione a non meno di 3 mila abitanti) o, in seconda battuta, di rimandare l’estensione del patto di uno o due anni, in maniera da permettere il completamento del percorso che definirà le gestioni associate.
Il nodo della questione è rappresentato dalla copertura finanziaria di queste misure, decretata dalla regola dell’invarianza dei saldi programmatici di finanza pubblica. L’applicazione del patto ai comuni compresi fra 1.000 e 5 mila abitanti comporta l’erogazione di circa 1 miliardo che bisognerebbe comunque reperire altrove. Un possibile soluzione, già proposta durante l’ultima assemblea nazionale dei sindaci a Bologna, potrebbe essere costituita dal Patto regionalizzato, magari reso più agevole con la riproposizione, anche per il 2013, degli incentivi a favore delle regioni più generose.
Il consolidamento del patto a livello regionale, tra l’altro, potrebbe essere seguito anche per diffondere gli sconti a favore delle spese per il ripristino idro-geologico e per l’edilizia scolastica. Sarà il Senato, come noto, a scegliere su un tema che, dopo l’ultimatum dettato dai sindaci durante la manifestazione di mercoledì scorso a Milano, è sempre più decisivo per preservare gli equilibri nei rapporti istituzionali fra centro e periferia.


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