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Debiti p.a.: snellire le procedure per la liquidità
La promessa di ridurre il deficit non basta, occorrono misure per riequilibrare le esigenze dell'economia e gli impegni di bilancio

Dopo il colloquio con Monti il commissario agli affari monetari Olli Rehn ha ribadito che la questione dei pagamenti delle fatture arretrate da parte della p.a. alle imprese è di vitale importanza per il Paese.  I pagamenti arretrati ammontano a oltre 90 miliardi di euro. Rehn ha definito «insopportabile» il debito commerciale dello Stato.
Nella sua dichiarazione, il commissario agli affari monetari ha aggiunto che il rimborso dei debiti può avvenire «assicurando la fine della procedura di deficit eccessivo» dell’Italia. Ma la questione non è affatto di semplice soluzione. Il problema è che per uscire dalla procedura di deficit eccessivo non basta registrare un disavanzo sotto al 3% del Pil. È necessario anche avere un andamento rassicurante del debito. In pratica, Bruxelles esorta il governo a trovare un giusto equilibrio tra le esigenze dell’economia e gli impegni di bilancio.
Le norme europee prevedono che un paese con un debito eccessivo debba ridurlo di un ventesimo all’anno su una media di tre anni, e consentono di mettere uno stato in procedura di deficit eccessivo a causa di un debito troppo elevato (prendendo in conto «tutti i fattori rilevanti»). Il Patto di Stabilità fa quindi un legame tra l’uscita dalla procedura di deficit eccessivo e l’andamento del debito per i paesi che hanno un indebitamento superiore al 60% del Pil (l’Italia nel 2012 era al 126,5% del Pil). 
Intanto il governo continua a lavorare sulla bozza dell’agognato provvedimento. Nell’ultima versione disponibile ci sono delle novità rispetto alla prima formulazione. In particolare salta il blocco degli impegni di spesa e dei prestiti per investimenti, sostituito da sanzioni ex post. Il meccanismo (nei giorni scorsi concepito prima come quinquennale, poi ridotto a tre anni) avrebbe rischiato di disincentivare enti locali e Regioni a chiedere anticipazioni di cassa e dovrebbe ora essere sostituito da sanzioni per i responsabili dei servizi finanziari nel caso in cui, all’esito del controllo della Corte dei conti, risultasse che è stata richiesta liquidità superiore alle somme effettivamente necessarie per il saldo degli arretrati.
Inoltre, si sta verificando la possibilità di rivedere la ripartizione delle risorse (20 miliardi nel 2013 e 20 nel 2014) assegnando una dote maggiore già quest’anno.
Stando alle ultime dichiarazioni, la riunione del Consiglio dei ministri si terrà nel fine settimana.
Prosegue anche il confronto tra Anci e governo, riunitisi nuovamente ieri per ragionare sui 7 miliardi che saranno liberati a beneficio dei comuni, con aspetti ancora da chiarire in particolare per quel che riguarda la distribuzione territoriale di questa immissione di liquidità. «Dobbiamo evitare che si creino disparità territoriali nei pagamenti», spiega Delrio. Il meccanismo è complesso, se si vorrà evitare che le risorse a disposizione vengano assorbite per gran parte dai comuni in cui è presente la maggiore quantità di debiti commerciali nei confronti dei fornitori.
Dettagli che paiono esclusivamente tecnici ma che in realtà attengono alla definizione esatta delle modalità e priorità per la concessione delle «anticipazioni di liquidità», e per la sospensione temporale del Patto di stabilità interno.
Si punta, infatti, a creare un Fondo unico (o almeno a razionalizzare la governance) rispetto ai tre attualmente previsti per le anticipazioni di liquidità in base alle differenti tipologie di debiti. Ci sarà con ogni probabilità un contratto standard per gli enti che sottoscrivono prestiti con il ministero dell’Economia o con la Cassa depositi e prestiti per accedere agli anticipi di liquidità. Non sarà invece possibile “scavalcare” un altro passaggio burocratico, ovvero l’adozione di provvedimenti legislativi delle singole Regioni necessari a garantire il rimborso dei prestiti statali.
Cambierà anche il principio della certificazione, che sarà a carico degli enti territoriali e della Pa centrale: in questo modo il governo punta anche ad avere un mappatura aggiornata dei debiti accumulati. Possibile poi un compromesso sulla trasparenza online di tutti i dati relativi alle fatture che la Pa intende pagare. Difficilmente, soprattutto per ragioni di privacy, potrà esserci un elenco completo sulla piattaforma elettronica predisposta dalla Ragioneria dello Stato, ma in alternativa si pensa a comunicazioni con posta elettronica certificata o ad avvisi degli enti territoriali che comunichino, per classi cronologiche e di importo, quali fatture (e in quale arco di tempo) verranno saldate.
C’è poi un altro aspetto, messo in primo piano dall’Anci, che il ministero dell’Economia è pronto a ritoccare. Si tratta della ripartizione delle risorse: si va verso un meccanismo di tetti proporzionali per evitare che alcuni Comuni dove si sono concentrati i maggiori debiti finiscano per assorbire tutto il plafond.
Anche le Province, nell’incontro di ieri, hanno ricevuto alcune rassicurazioni. In particolare sui pagamenti che si potranno sbloccare subito, in attesa dell’emanazione del decreto attuativo del ministero dell’Economia. Non si fa più riferimento agli avanzi ma alla disponibilità di cassa. Inoltre, ai fini del patto delle Regioni, non saranno conteggiati non solo i residui correnti ma anche quelli relativi alle spese in conto capitale.
Sono invece destinati a restare nel testo altri punti che erano stati considerati critici dalle imprese. In primis, il mancato vincolo di destinazione per le risorse che vengono trasferite dalle Regioni agli enti locali (e che dovrebbero poi, integralmente, essere impiegate per pagare i debiti delle p.a.). Allo stesso modo, permane il veto del Tesoro alla richiesta di rimuovere i vincoli al pagamento rappresentati dal possesso del Durc e da inadempienze relative a cartelle di pagamento. Infine, restano fuori dal perimetro dei pagamenti le società controllate da enti locali e Regioni.


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