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Pagamenti p.a.: il nodo sulla liquidità
14 mld per comuni e province che hanno liquidità disponibile, le altre dovranno chiedere un prestito al Tesoro

Il piano si articola in circa 20 miliardi nel 2013 e altrettanti nel 2014 per debiti certi, liquidi ed esigibili al 31 dicembre 2012. Si è dibattuto a lungo durante il travagliato Consiglio dei Ministri di sabato scorso, sulla possibilità di aumentare la quota di risorse disponibili per il 2013, ma alla fine la ripartizione dei complessivi 40 miliardi è rimasta immutata.
È stata invece effettivamente innalzata la soglia di compensazione tra crediti e debiti fiscali da 500mila a 700mila euro. La misura era stata prospettata già nella stesura della prima bozza del provvedimento, ma poi eliminata, forse per mancanza di copertura, ma alla fine reinserita nell’ultimissima versione. Un intervento che secondo il governo porterà alle imprese benefici per «almeno 2 miliardi nel 2013».
La pubblicazione del decreto sulla Gazzetta Ufficiale, inviato ieri al presidente della Repubblica, è prevista per domani e il provvedimento entra in vigore il giorno seguente. Già da martedì dunque Comuni e Province potranno iniziare a effettuare una parte dei pagamenti – quantificati da Grilli in 2,3 miliardi – in attesa del decreto ministeriale che regolerà lo svincolo del patto di stabilità interno. Tra le modifiche dell’ultim’ora c’è un passaggio che di fatto obbliga enti locali e Regioni che non hanno liquidità a chiedere le anticipazioni necessarie a pagare le imprese.
Infatti, le amministrazioni che hanno già liquidità in cassa potranno immediatamente usufruire di circa 14 miliardi, mentre per le altre arriveranno sul territorio 26 miliardi (per poi tramutarsi in pagamenti) attraverso prestiti. I 26 miliardi – 10 nel 2013 e 16 nel 2014 – rientreranno in un Fondo unico articolato in tre sezioni: la Cassa depositi gestirà le anticipazioni per comuni e province, mentre sarà direttamente l’Economia a occuparsi di quelle per le Regioni. Per gli enti locali sono previsti 2 miliardi nel 2013 e altrettanti nel 2014, per i debiti regionali non sanitari 3 e 5 miliardi e per quelli relativi alla sanità 5 miliardi nel 2013 e 9 miliardi nel 2014. Ma c’è un’importante novità: le tre sezioni sono tra loro comunicanti e all’occorrenza potranno esserci variazioni dando, ad esempio, di più alla sanità e meno agli altri capitoli o viceversa. Il Fondo unico farà da pivot per prestiti a 30 anni, con un tasso di interesse pari al rendimento dei Btp quinquennali. Già entro la prossima settimana dovrà essere aggiornata la convenzione tra ministero dell’Economia e Cdp: per le attività è autorizzata una spesa pari a 500mila euro.
C’è, però, una nota negativa sul fronte delle imprese, perché molti passaggi restano oscuri e non è scontato prevedere una veloce liquidazione degli arretrati. Infatti si specifica quando le p.a. riceveranno liquidità o da quale momento potranno avviare i pagamenti, ma non si fissano tempi certi per chiudere il tutto e i 12 mesi indicati ieri dal Governo in conferenza stampa per smaltire i 40 miliardi sono al momento un auspicio (non c’è un’indicazione nel testo).
Inoltre, per quanto riguarda le procedure, è d’obbligo per tutte le pubbliche amministrazioni registrarsi sulla piattaforma elettronica della Ragioneria entro le prossime tre settimane ed entro il 15 settembre dovranno immettere i dati relativi al censimento dei debiti (entro la stessa data l’Abi deve censire i debiti ceduti alle banche). La novità è che, per i crediti che non sono già stati oggetto di cessione o certificazione, la comunicazione da parte della Pa del singolo debito accumulato varrà di per sé per certificare il credito.
Sul fronte delle Regioni, poi, restano ancora zone grigie. Come noto, dal testo è stata stralciata la possibilità di anticipare l’aumento dell’addizionale Irpef ma è spuntato un altro vincolo. In pratica da un lato i governatori devono presentare un piano di copertura annuale del prestito, dall’altro se vorranno sottoscrivere nuovi prestiti o mutui dovranno dimostrare di aver conseguito gli obiettivi del patto per l’anno precedente e che il bilancio regionale è in equilibrio strutturale, condizione particolarmente difficile per le Regioni sottoposte a piani di rientro da deficit sanitari.
Dal decreto emerge una dote complessiva di 38,8 miliardi, ai quali si può aggiungere una stima degli effetti dell’allargamento delle compensazioni e dei risparmi che i ministeri dovranno effettuare per crediti che non saranno soddisfatti con la dote di 500 milioni. Al plafond di quasi 40 miliardi si aggiungerà, in una fase successiva, il pagamento direttamente in titoli di Stato (il governo stima per circa 15 miliardi) alle banche alle quali sono stati ceduti i crediti. La norma dovrebbe entrare nella legge di stabilità 2014, contenitore utile – secondo Grilli – per inserire eventualmente anche altri interventi di cassa che vadano ad erodere ulteriormente la montagna di debiti della Pa che secondo le stime di Banca d’Italia e Abi viaggiano ormai tra 90 e 100 miliardi.


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