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Decreto enti locali in Gazzetta: la nuova casa di vetro della p.a.
Assoluta trasparenza: l’anagrafe degli eletti inchioda i sindaci di comuni superiori a 10mila abitanti all’obbligo di pubblicare on line i propri redditi e portafogli

Salva-enti o taglia-enti? Il destino delle amministrazioni locali è incerto come il nome da attribuire al decreto, sfornato dal governo nel Consiglio dei ministri di giovedì scorso e ieri pubblicato in Gazzetta, dopo essere stato affiancato dalla riforma radicale del Titolo V che, di fatto, manda in soffitta il federalismo per come era stato concepito fino a oggi. Sicuramente per gli enti locali si avvicina un nuovo periodo di austerity dal punto di vista dei finanziamenti e non solo per la diminuzione, già regolarmente in atto da alcun anni, delle provvigioni governative, ma anche per la stretta sui bilanci e sul controllo asfissiante che su di essi verrà esercitato, in primis dalla Corte dei conti. Il giro di vite colpirà, questa volta, più i rappresentanti politici che i funzionari e i servizi, e l’esecutivo si è ben cautelato da lasciare indenne i comparti dei trasporti e della sanità per evitare ricadute sui cittadini. Ma per la politica locale, di qui in avanti, il dogma sarà quello dell’assoluta trasparenza. Innanzitutto, con il decreto per gli enti locali viene approntata l’anagrafe degli eletti, che, in sostanza, inchioda i sindaci di comuni superiori a 10mila abitanti all’obbligo di pubblicare on line i propri redditi e portafogli, inclusi quelli di assessori e consiglieri, disciplinando “nell’ambito della propria autonomia regolamentare, le modalità di pubblicità e trasparenza dello stato patrimoniale dei titolari di cariche pubbliche elettive e di governo di loro competenza”, come recita la norma integrata nel testo unico enti locali. Lo stesso varrà per presidenti di Provincia, che saranno chiamati ogni 12 mesi a pubblicizzare i redditi dichiarati, i beni immobili e mobili di proprietà e anche le partecipazioni in società di vario titolo, quotate oppure no. Gli amministratori spreconi, poi, saranno incentivati a rendere pubbliche queste informazioni anche in virtù delle possibili sanzioni in cui incorreranno qualora non adempiano a queste disposizioni, che potrebbero schizzare fino a un massimo di 20mila euro. Le norme, per scongiurare il rischio di incostituzionalità, troveranno via libera proprio grazie alla riformulazione del principio di sussidiarietà secondo quanto indicato nella riscrittura del Titolo V della Costituzione, approvata in Consiglio dei Ministri martedì notte. Lo Stato si riprende alcune materie cardine finora oggetto di decentramento, tra cui energia, infrastrutture, porti, aeroporti. Su tutti gli ambiti legislativi non definiti da disciplina esclusiva o concorrente, e sino a oggi oggetto di dispute infinite e ricorsi, il nodo viene sciolto in favore dell’amministrazione centrale; il turismo, prima a competenza esclusiva degli enti locali, torna a essere una materia concorrente. E non è tutto: in quei settori in cui le Regioni mantengono autonomia legislativa, viene comunque specificato che essa andrà esercitata in sintonia con le indicazioni generali emanate a livello centrale. Più di tutto, poi, lo Stato rivendica il diritto di armonizzare i bilanci pubblici, con funzione di coordinamento della finanza e del sistema tributario: si avvicina il tramonto anche per il federalismo fiscale, insomma, che potrebbe essere ripensato in maniera meno radicale nel prossimo futuro. La riforma del Titolo V, da ultimo, nasce per far coincidere la ridefinizione degli enti prevista in  spending review e le nuove misure di contrasto agli sprechi: così, nel si mette in chiaro come spetterà allo Stato definire le funzioni sia dei Comuni, che delle restanti Province, che, infine, delle nasciture Città Metropolitane.


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