Spending review da 15 miliardi

Fonte: Il Sole 24 Ore

<p>Oltre met&agrave; della riduzione di spesa da 15 miliardi nel 2015 arriver&agrave; da tagli lineari. Ministeri, Regioni ed enti locali dovranno recepire la cosiddetta regola del 3 per cento. Che nel caso della stretta da oltre 4 miliardi a carico dei Governatori render&agrave; di fatto quasi inevitabile un intervento sulla sanit&agrave;. Un’operazione senza precedenti, almeno negli ultimi anni, che viene garantita da una spending da 12,3 miliardi della ex Finanziaria varata ieri e da quella da 2,7 miliardi gi&agrave; prevista in via strutturale dal decreto Irpef. Ma che avr&agrave; l’effetto di contenere la spesa corrente (nel rapporto minori e maggiori uscite) per non pi&ugrave; di 3,5-4,5 miliardi. Il Governo infatti dovr&agrave; far fronte a uscite di fatto obbligate per almeno 11,4 miliardi: i 6,9 miliardi di spese indifferibili (dal 5 per mille alle missioni internazionali di pace); i 3 miliardi necessari per disinnescare la clausola fiscale ereditata dal Governo Letta; gli 1,5 miliardi destinati ad alimentare i nuovi ammortizzatori sociali collegati al Jobs Act.</p>
<p>In realt&agrave; alle maggiori spese occorrerebbe aggiungere circa altri 2,5 miliardi, escludendo gli 1,2 miliardi di cofinanziamento Ue, che derivano da interventi vari: dai 500 milioni per la riforma della “buona scuola” al miliardo di allentamento del Patto di stabilit&agrave; interno per gli enti locali. Ma in questo caso agir&agrave; anche la leva del deficit azionata dal Governo complessivamente per 11 miliardi.</p>
<p>Tornando all’utilizzazione dei tagli lineari o semi-lineari, anche i ministeri, dai quali dovrebbero arrivare 4 miliardi ai quali si aggiungeranno i 2,1 miliardi di stretta agli acquisti di beni e servizi della Pa (in tutto 6,1 miliardi), dovranno adottare il taglio del 3% per la maggior parte delle voci di loro competenza. Al termine di una lunga trattativa tra Palazzo Chigi e singoli ministri la composizione della spending per i dicasteri &egrave; leggermente cambiata rispetto alle proposte iniziali. Il contributo maggiore &egrave; sempre a carico di Lavoro e Istruzione, ma il ministro Stefania Giannini avrebbe contenuto i tagli in 6-700 milioni.</p>
<p>Pi&ugrave; o meno simile la situazione per i Comuni e le Province, che dovranno garantire rispettivamente 1,2 miliardi e 1 miliardo quasi in toto con la regola del 3%. Tutto in chiave spending classica si presenta invece il nuovo giro di vite sugli acquisti di beni e servizi della Pa, impostato dal dimissionario commissario straordinario Carlo Cottarelli. E sempre in chiave spending &egrave; il lavoro di potatura delle circa 10mila partecipate italiane che per&ograve; non confluir&agrave; in legge di stabilit&agrave; ma in un successivo provvedimento ad hoc. Con la possibilit&agrave; di rientrare nella “ex Finanziaria” durante il suo cammino parlamentare.</p>
<p>Cottarelli, che il 1&deg; novembre torner&agrave; al Fondo monetario internazionale, ha fatto il punto della situazione nel corso di un’audizione parlamentare affermando di essere soddisfatto del lavoro fin qui svolto. Il commissario straordinario ha anche detto che il suo piano prevedeva incentivi per favorire la fusione dei Comuni (&laquo;8mila sono troppi&raquo;) e il ricorso a tappeto al dispositivo dei fabbisogni e costi standard. Un dispositivo, quest’ultimo, che fa parte della “stabilit&agrave;” varata dal Governo, anche se i risultati maggiori in termini di risparmio saranno realizzati nel 2016.</p>

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