Società regionali, zero tagli

Fonte: Il Sole 24 Ore

Nessun taglio alla galassia delle società partecipate da parte delle Regioni. Neanche una sforbiciata; anzi un aumento del 14% degli investimenti delle autonomie nelle aziende di gestione dei servizi pubblici. Nel 2013 il numero delle aziende di servizi in cui le Regioni detengono una quota, anche minoritaria, continua a salire: erano 394 l’anno scorso; siamo a 403 quest’anno. La Sicilia, da sola, ne conserva 33.
La tendenza, quindi, non è certo alla razionalizzazione e alle dismissioni: eccetto l’Emilia Romagna, che ha venduto quote per 8 milioni, le altre Regioni hanno tutte matenuto o aumentato i propri investimenti, passando da 3,43 miliardi di quote detenute nel 2012 agli attuali 3,93. Lo certifica la Corte dei conti, che ha fornito un quadro aggiornato nella sua «Relazione sulla gestione finanziaria delle Regioni», in cui oltre al monitoraggio 2013 sulla banca dati analizza nel dettaglio – grazie ai bilanci 2010 e 2011 – anche il peso che le partecipate hanno per le amministrazioni.

Il personale e i trasferimenti

L’effetto va nella direzione opposta a quella di un alleggerimento finanziario, obbligatorio in tempi di spending review: di pari passo con la crescita delle erogazioni pubbliche continuano a salire il personale e i relativi costi. Tanto che il conto che queste aziende presentano alle Regioni è arrivato a 2,6 miliardi di euro l’anno: è la somma che secondo i bilanci 2011 Regioni e province autonome (con l’assenza illustre dei dati di Piemonte, Liguria, Sardegna e Sicilia) hanno iniettato nelle casse delle aziende di servizi. Con una bella differenza: i 2,6 miliardi sono andati a finire nelle casse delle 172 aziende che hanno ricevuto dalla Regione il servizio grazie a un affidamento diretto; mentre ammontano solo a 38 milioni le somme “girate” alla sparuta pattuglia (22) di chi è stato selezionato dal mercato, con gara. Nonostante la crisi economica e i bilanci in rosso, queste realtà hanno continuato ad assumere personale, passando dai 7.526 addetti del 2010 agli oltre mille in più (8.603) del 2011. Anche sul personale, poi, non hanno risposto alla Corte dei conti Sicilia (13 società), Piemonte, Liguria e Lombardia. L’incremento degli organici si riflette ovviamente sui costi della produzione. Mentre tutte le aziende private erano impegnate a tagliare, le partecipate regionali hanno aumentato del 26% in un anno i costi arrivando alla ragguardevole cifra di 2,4 miliardi complessivi. Nel 2011 i Governatori hanno staccato per 173 società un assegno da 2,6 miliardi (Sicilia sempre assente). Il record va alla Campania, che ha versato 731 milioni, di cui 692 solo alla Soresa, incaricata anche di ripianare il maxi-debito della sanità. Altri 21 milioni, poi, sono serviti per la Sma (Sistemi per la meteorologia ambientale), la somma più alta – notano i magistrati contabili per il settore «Difesa- assicurazione sociale obbligatoria». In Lombardia pesano i trasporti, con Trenord (386 milioni), ma anche la digitalizzazione con i 181 milioni destinati a Lombardia Informatica.
In realtà, non sempre la casa madre paga i suoi debiti: per esempio, le nove Spa del Lazio attendono 267 milioni, per il 94% proprio da Zingaretti.

Le perdite

Il giudizio complessivo della Corte è senza appello: «Le partecipate al 100% – si legge nella Relazione – a uno sguardo complessivo sono una fonte di perdite». Ma una buona notizia c’è: nel 2010, infatti, le perdite totali di esercizio ammontavano a 92,6 milioni, ridotti a 50,3 l’anno successivo. Questo non vale per tutti: il Lazio, per esempio, ha triplicato il “rosso”: da 2,4 a 6,4 milioni. La Sicilia ha perso 22 milioni, il Trentino Alto Adige è passato da un utile di 9 a un “buco” di 17 milioni.
Per chi è in perdita potrebbe ora arrivare l’ora X, con la norma che vieta alle amministrazioni di ripianare le perdite dopo tre esercizi consecutivi senza utili (Dl 78/2010). Ora il ministro per le Autonomie, Graziano Del Rio, sta studiando la possibilità di ridurre a due i bilanci in rosso.

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