Scissione anche per gli acquisti promiscui

Fonte: Il Sole 24 Ore

L’esempio più evidente delle difficoltà contabili prossime venture è in ogni caso rappresentato dagli acquisti promiscui: anche le fatture relative a queste operazioni dovranno essere scisse (rispetto alla destinazione dell’cquisto, ovviamente), per la successiva – e distinta – annotazione in contabilità finanziaria. Né pare possibile evitare questa suddivisione sul presupposto della rinuncia alla detrazione dell’Iva relativa alla quota parte commerciale dell’acquisto. 
La destinazione alla sfera commerciale o a quella istituzionale dipende – come precisato dall’articolo 5 del decreto dell’Economia del 23 gennaio – dall’«esercizio di attività commerciali», vale a dire dall’effettuazione di operazioni (attive) rilevanti ai fini dell’Iva, mentre il punto della detrazione non assume alcun rilievo.
Resta tuttavia il fatto che una simile distinzione potrebbe essere utilizzata anche in ambito Iva. Tenuto conto che anche in questo contesto una suddivisione è necessaria (dal momento che solo la quota parte dell’acquisto a destinazione commerciale va annotata nella contabilità Iva), e considerato che i criteri di separazione sono gli stessi, non vi è alcuna ragione per non adottare anche nel contesto dell’Iva gli stessi driver (leggi: percentuali di riparto) già utilizzati, a monte, per la contabilità finanziaria. 
Nelle scorse settimane, per semplificare la ripartizione dei costi promiscui ai fini fiscali, è stata da più parti suggerita la soluzione di contabilizzare l’Iva promiscua come se interamente riferita all’attività commerciale. Alla luce di quanto sopra, tuttavia, risulta più semplice una distinzione immediata: una volta separati – ai fini dell’aggiornamento della contabilità finanziaria – i costi promiscui in base a criteri che tengano anche conto della loro destinazione/utilizzo, gli stessi dentici criteri vanno poi utilizzati ai fini dell’Iva. È vero che questa suddivisione deve essere fatta in via preventiva, senza possibilità di conguaglio a posteriori su base annuale; e tuttavia il risultato raggiunto risulta molto più aderente alle previsioni del decreto dell’Economia del 23 gennaio (e alla distinzione degli acquisti lì richiesta).

 

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