L’Euribor continua la sua rincorsa e le famiglie si preoccupano per gli effetti sulle rate dei mutui variabili. Ma dalle prossime settimane potrebbero avere una possibilità in più per rinegoziare il proprio finanziamento e passare al fisso, bloccando cioè a un valore certo l’esborso mensile fino alla fine del piano di ammortamento. Finora la rinegoziazione, a meno che non sia prevista per contratto, è per le banche una facoltà: il mutuatario la può richiedere, ma può sentirsi rispondere picche allo sportello oppure vedersi assegnare condizioni poco vantaggiose.
I limiti. In base alle norme contenute nella bozza del Decreto Sviluppo che oggi sarà sul tavolo del Consiglio dei Ministri la facoltà diventa invece diritto: di richiedere la rinegoziazione alla banca; di ottenere un tasso prefissato ed eventualmente di concordare l’allungamento del piano di rimborso del mutuo in modo da ridurre il peso della rata. L’agevolazione non sarà a vantaggio di tutti, ma soltanto dei meno abbienti. Il mutuo non deve essere stato in origine superiore ai 150mila euro, mentre la richiesta deve arrivare da famiglie che abbiano un indicatore della situazione economica equivalente (Isee) non superiore a 30mila euro e non abbiano avuto ritardi nel pagamento delle rate. Più in generale, le disposizioni si applicano a finanziamenti ottenuti per l’acquisto o la ristrutturazione di abitazioni che abbiano tasso variabile e rata variabile per tutta la durata del contratto (sono quindi esclusi i prestiti a rata costante o a tasso misto), compresi quelli accesi per le seconde case e quelli che nel frattempo sono stati cartolarizzati dalla banca. Il Decreto stabilisce peraltro una scadenza temporale, visto che le richieste dovranno essere presentate entro il 31 dicembre 2012. Contiene inoltre una serie di aggiustamenti in materia di surroga.
Le condizioni. Chi si presenterà allo sportello potrà ottenere il passaggio a un mutuo che abbia una rata fissa calcolata (a meno che le banche non intendano concedere condizioni migliori) in base al minore tra il tasso Irs a 10 anni e quello di scadenza pari alla durata residua del mutuo o, in mancanza, alla scadenza precedente. A questo dovrà poi essere aggiunto uno spread (il ricarico abitualmente praticato dalle banche per la remunerazione del rischio) pari a quello del mutuo originale. Se per esempio mancano ancora 20 anni al termine del rimborso, il mutuatario con un tasso Euribor aumentato dell’1% otterrà un tasso Irs a 20 anni aumentato dell’1%. L’allungamento potrà invece essere richiesto per un periodo massimo di cinque anni e a patto che la durata residua del mutuo all’atto della rinegoziazione non superi i 25 anni.
La convenienza. Valutare se usufruire o meno dell’agevolazione non sarà però semplice per i risparmiatori. Passare adesso da un variabile a un fisso, come si può vedere negli esempi a fianco, significa automaticamente aumentare la rata. Questo perché al momento, nonostante i rialzi dell’ultimo anno, i tassi Euribor (1,41% ieri la scadenza 3 mesi) sono ancora sensibilmente inferiori agli Irs (3,57% quello a 10 anni). Cambiare in corsa significa quindi passare da tassi compresi fra il 2-3% a valori nell’ordine del 4-5% e quindi rinunciare a un risparmio nei prossimi 2-3 anni per avere una rata certa ed eventualmente più leggera in seguito. La scelta dipende quindi probabilmente più da motivazioni di tipo soggettivo e non può prescindere da una valutazione accurata delle condizioni di reddito della famiglia, soprattutto in chiave prospettica. Pagare di più nell’immediato potrebbe però in teoria precludere l’accesso alle agevolazioni a quanti già fanno fatica a pagare le rate al momento, cioè a coloro ai quali è diretta principalmente l’iniziativa. In questo caso potrebbe però risultare utile l’allungamento del piano di ammortamento che, pur rendendo complessivamente più oneroso il prestito, diluisce i pagamenti più a lungo alleggerendo quindi le rate mensili, trimestrali o semestrali. Sotto l’aspetto pratico si dovrà ora attendere il completamento dell’iter legislativo. Starà poi verosimilmente all’Associazione bancaria italiana (Abi), che è stata consultata dal Governo sul tema per valutazioni tecniche, trasmettere le disposizioni alle singole banche ed eventualmente predisporre moduli per facilitare il compito di mutuatari e impiegati allo sportello.
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