Salta l’indennità di esproprio Parola ai giudici della Consulta

Fonte: Il Sole 24 Ore

Nuove incertezze per l’indennità di esproprio, se manca una dichiarazione di valore ai fini Ici. Questo è lo scenario che deriva dalla sentenza delle Sezioni unite della Cassazione n. 8489 del 14 aprile. La pronuncia pone alla Corte costituzionale uno specifico quesito, chiedendo se possa ritenersi conforme alla Carta fondamentale la situazione di chi, subendo un esproprio per finalità pubbliche, rischi di non percepire alcunchè a causa di una propria, precedente evasione fiscale di Ici. Il dubbio riguarda l’indennizzo (articolo 37 del Dpr 327/2001) connesso alla perdita del bene: l’indennizzo è oggi pari al valore venale del bene, ma deve rimanere nei limiti del valore Ici dichiarato. Se quindi il proprietario ha dichiarato al Comune una somma inferiore al valore del bene, risparmiando Ici, vedrà ridotto l’indennizzo che gli spetta. I ruoli di contribuente e di proprietario, al momento dell’esproprio per pubblica utilità, infatti, si invertono e chi ha pagato meno Ici percepirà meno indennizzo. Questo meccanismo parte dall’esigenza di ancorare l’entità dell’indennizzo ad un valore autodichiarato dal proprietario in sede di prelievo comunale sulle aree edificabili, sulla base del-l’autodichiarazione del proprietario. Accade spesso che i proprietari non dichiarino al Comune il corretto valore del bene, risparmiando, soprattutto, quando un’area lievita di valore e da agricola diventa potenzialmente edificabile. Se il Comune non si accorge dell’evasione fiscale (con accertamento soggetto a prescrizione quinquennale), il risparmio può essere ingente. Ma se il bene è soggetto ad esproprio, per realizzare, ad esempio, una strada o altra opera pubblica, l’indennizzo non potrà superare l’importo dell’Ici versata ed il risparmio connesso all’evasione fiscale si ritorce in danno per chi subisce l’esproprio. Già altre volte la Cassazione si era occupata del problema (sentenza 19/2008) giungendo alla conclusione che una dichiarazione Ici infedele non avrebbe potuto azzerare completamente l’indennizzo in caso di esproprio, ma avrebbe innescato una procedura di accertamento (con determinazione di valore e relative sanzioni per omessi versamenti) utile ai fini della determinazione dell’indennizzo. Con la sentenza 8489 del 14 aprile, le Sezioni Unite tornano oggi sui loro passi e danno più peso alla differenza tra omessa ed infedele dichiarazione. La Corte ritiene necessario squalificare il tentativo del contribuente di sottrarsi integralmente al pagamento dell’ Ici ed abbassa la soglia di indennizzo in tutti i casi in cui non si è pagata l’Ici. Ma ciò potrebbe condurre ad un esproprio senza indennizzo, contrario agli articoli 42 della Costituzione e 6 della Convenzione sui diritti dell’uomo. Ed appunto questo è il quesito che la Cassazione rivolge al giudice delle leggi, chiedendo se l’omessa dichiarazione Ici possa azzerare del tutto l’indennizzo che spetta al proprietario.

LA MASSIMA Il contenuto dell’articolo 16 del decreto legislativo 504/1992 (in tema di Ici), in base al quale l’indennità di esproprio è collegata all’Ici versata e può quindi oscillare (in caso di omessa dichiarazione o dichiarazione di valori assolutamente irrisori) fino alla sua totale vanificazione, pone un problema di legittimità costituzionale per contrasto con l’articolo 42 della Costituzione, comprimendo i diritti dell’espropriato oltre i limiti di un ragionevole legame con il valore venale e del “serio ristoro” anche in considerazione del disposto dell’articolo 6 prescritto dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo. La sanzione della perdita totale dell’indennità rischia di essere considerata una confisca, per la sproporzione rispetto alla violazione (l’omesso pagamento dell’Ici) cui è collegata.

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