Sì del Senato, correzione a 48 miliardi

Fonte: Il Sole 24 Ore

ROMA – La manovra di pareggio, dopo aver incassato il via libera del Senato nella tarda mattinata di ieri (161 sì, 135 no e 3 astenuti), attende le 19 di oggi per ottenere l’approvazione definitiva della Camera e diventare legge dello Stato. La tabella di marcia prosegue a tappe serrate: la commissione Bilancio di Montecitorio ha dato in tarda serata il via libera al testo senza apportare modifiche. Nessun emendamento è stato presentato dalle opposizioni. Un iter di conversione senza precedenti che, sulla spinta della crisi dei mercati finanziari degli ultimi giorni, ha fatto letteralmente volare il Dl n. 98 verso la conversione in legge. E questo anche grazie al fatto che alla Camera i deputati hanno rinunciato a presentare nuove proposte di modifica e, forse per la prima volta in assoluto, anche gli ordini del giorno. Il vero confronto per ritoccare i contenuti e soprattutto i saldi della manovra si è giocato dunque tutto al Senato. In poco più di 20 modifiche, al netto delle correzioni formali, la manovra è uscita notevolmente rafforzata dopo il passaggio a Palazzo Madama: gli effetti del Dl produrranno un miglioramento dell’indebitamento netto nel 2014 di ulteriori 22,6 miliardi di euro che, se sommati ai 25,3 previsti dal Dl licenziato da Palazzo Chigi, portano il saldo complessivo della manovra al 2014 a sfiorare i 48 miliardi di euro (47,973 per l’esattezza). La parte più consistente delle nuove risorse arriverà dal taglio delle agevolazioni fiscali che nel 2013, con una riduzione del 5%, produrrà effetti per 4 miliardi di euro e nell’anno successivo i miliardi saranno 20, con un taglio delle agevolazioni del 20 per cento. Un recupero di gettito sottostimato visto che le tax expenditures nel loro complesso valgono non meno di 161 miliardi. Se ci fosse realmente un taglio lineare le risorse recuperabili sarebbero anche superiori ai 30 miliardi. Il che lascia ampi margini all’Economia per procedere con interventi selettivi. A scongiurare la sforbiciata dovranno pensarci Governo e Parlamento che a questo punto, secondo quanto recita la norma inserita nel decreto al Senato, avranno poco più di due anni per attuare la riforma fiscale e assistenziale (si veda l’articolo a pagina 7) e non far scattare così il taglio dei bonus fiscali. In termini di contenuti le principali novità riguardano le pensioni, i ticket sanitari, il patto di stabilità dei Comuni, il bollo sui depositi titoli e gli ammortamenti dei concessionari. Non solo. Con la manovra l’Economia mette le mani avanti e, in attesa che venga realmente effettuata la vendita delle frequenze Tv, ha fatto scattare la clausola di salvaguardia prevista dalla legge di stabilità di fine dicembre. Che tradotto in termini finanziari ha consentito all’Economia di destinare le somme accantonate preventivamente sulle risorse dei ministeri al miglioramento dei saldi di finanza pubblica: 1,7 miliardi nel 2011, 400 milioni nel 2012 e 300 milioni nel 2013. Una misura che suona quasi a futura memoria per le stesse amministrazioni centrali che secondo la manovra dovranno convergere verso i costi standard dal 2013, altrimenti scatterà il taglio di quei 5 miliardi che il Dl di fatto “congela”. Tra le altre modifiche l’arrivo immediato dei ticket sulle visite specialistiche e le analisi mediche mentre la rivalutazione delle pensioni torna al 90% per gli assegni tra 1.400 e 2.300 euro e viene bloccata quasi interamente oltre tale soglia. Sulle pensioni d’oro, poi, arriva un contributo di solidarietà del 5% sui trattamenti da 90mila euro in su e del 10% oltre i 150mila. E, novità dell’ultimora voluta dall’opposizione, le sentenze sul riconoscimento dell’invalidità tornano appellabili. Rivisto il caro bollo sui depositi titoli. Con la nuova progressività i depositi sotto i 50mila euro non subiranno alcun rincaro e sconteranno un’imposta annuale di 34,2 euro. Confermato l’aumento Irap (da 3,9% a 4,2%) sulle concessionarie in luogo dei limiti agli ammortamenti, così come la stretta sulle stock option. Aumento delle accise sulla benzina, poi, esteso a tutto il 2012. Il capitolo privatizzazioni aperto a Palazzo Madama prevede in sostanza che entro il 31 dicembre 2013 l’Economia approvi «uno o più programmi per la dismissione di partecipazioni azionarie dello Stato e di enti pubblici non territoriali». Le modalità di alienazione saranno stabilite con uno o più decreti del Tesoro, che riferirà al Parlamento entro il 30 giugno di ogni anno. Per la liberalizzazione delle professioni, invece, il Governo rinvia tutto al confronto con le categorie, concedendo 8 mesi di tempo agli ordini per indicare tutto ciò che sarà regolamentato. Il resto sarà liberalizzato. Cambiano i parametri di virtuosità per gli enti locali. Tra i criteri in base ai quali raggruppare gli enti in quattro classi di merito arrivano la convergenza verso i fabbisogni standard previsti dal federalismo e la dismissione di partecipazioni in società pubbliche.

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