Sì del Senato alla fiducia, Fi vota no

Fonte: Il Sole 24 Ore

Sì del Senato a notte fonda alla fiducia posta dal Governo sulla legge di stabilità. Con 171 sì e 135 il testo ottiene il primo via libera e passa ora all’esame della Camera. L’ok al maxi-emendamento presentato dall’esecutivo arriva quasi all’una di notte, al termine di un lungo rush finale, in netto ritardo rispetto alla tabella di marcia ipotizzata in mattinata. E in un clima di tensione al termine di una giornata di continue fibrillazioni che sancisce, con il voto contrario alla manovra, il passaggio di Forza Italia all’opposizione. Un «no» annunciato da Silvio Berlusconi e ufficializzato nel l’aula di Palazzo Madama dal capogruppo di Fi, Paolo Romani: «Questa legge di stabilità non merita la nostra fiducia». E sempre da Forza Italia arriva un attacco al Governo per la sua decisione di comunicare solo a notte fonda la soppressione di diversi commi del testo originario del maxiemendamento. A cominciare da quelli sugli Lsu della Calabria e sulle sanzioni per gli intermediari finanziari e Caf in caso di errori nell’assistenza fiscale. A finire nel mirino dei senatori di Fi è anche il presidente del Senato, Pietro Grasso.

Questa mattina il Consiglio dei ministri approverà la Nota di variazione al bilancio e poi il Senato approverà anche il ddl di Bilancio.

Finisce quindi il governo delle larghe intese, voluto da Giorgio Napolitano dopo il faticosissimo avvio della legislatura, ma la coalizione che ora si basa sul l’asse tra il Pd e la nuova formazione di centro destra guidata da Angelino Alfano, sarà chiamata tra breve a gestire i passaggi successivi in vista dell’approvazione definitiva della manovra. A partire dalle modifiche che saranno inserite in seconda lettura alla Camera, tra cui spicca l’emendamento annunciato dal premier Enrico Letta in risposta all’appello delle forze produttive e sociali, lanciato domenica scorsa dal Sole 24 Ore, che destinerà le risorse della spending review e della lotta all’evasione al taglio del cuneo fiscale.

Alla vigilia del pronunciamento dell’aula del Senato sulla decadenza di Silvio Berlusconi da parlamentare si consuma dunque proprio sul provvedimento più rilevante del Governo la rottura che certifica i nuovi equilibri politici. Passaggio che per Forza Italia equivale alla conclusione del l’esperienza delle larghe intese e di conseguenza alla fine del governo. Enrico Letta, giunto in serata direttamente dal vertice bilaterale Italia- Russia di Trieste, ha assistito alle battute finali della seduta al Senato, non prima di essere salito al Colle per qualificare, d’intesa con Giorgio Napolitano, il voto di fiducia di ieri sera sulla manovra come «il voto di fiducia sul governo e dunque sulla nuova maggioranza».

In mattinata era andato in scena l’acceso confronto politico nell’aula di Palazzo Madama, subito dopo l’avvio della discussione generale. Il testo è giunto al l’esame dell’aula senza il formale mandato della commissione Bilancio al relatore, che normalmente chiude l’esame preliminare della manovra. Forza Italia ha contestato il contingentamento dei tempi per gli interventi e ha chiesto al presidente del Senato di interrompere i lavori «per consentire a tutti i gruppi di partecipare a questa importante giornata di dibattito in aula». Grasso prima ha tenuto la barra a dritta sostenendo che «il lavoro della commissione non può concludersi perché la maggioranza ha ritirato il mandato al relatore ed è mio dovere far avviare la discussione in assemblea». Poi ha accolto la richiesta dell’opposizione di avere più tempo per l’esame del maxiemendamento e ha riconvocato l’aula alle 18,00, con le dichiarazioni di voto, poi slittate attorno alle 22,00.

Il commento più significativo che è arrivato al termine della giornata è stato quello del vicepremier, Angelino Alfano, che ha sintetizzato così la posizione del Nuovo Centrodestra: «Il voto contrario di Forza Italia alla legge di stabilità è un pretesto che non regge di fronte alla difficoltà di un Paese che ha bisogno di buon governo e non del buio di una crisi senza sbocco e senza prospettive».

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