ROMA – Prima la “mozione per la crescita”: un’agenda di priorità di fine legislatura per invertire la marcia tremontiana e proporre «la riduzione della spesa pubblica a partire dal taglio del 35% dei finanziamenti ai partiti, abolizione delle province e accorpamento di asl». Soldi risparmiati che andrebbero investiti nella crescita, appunto, finanziando una sforbiciata fiscale per un punto di Pil. L’agenda era stata presentata appena tre giorni fa dal leader dell’Alleanza per l’Italia (Api) Francesco Rutelli – e sottoscritta trasversalmente da esponenti del Pd come Marco Follini o dell’Udc come Gianpiero D’Alia, dell’Mpa come Giovanni Pistorio insieme ad Adriana Poli Bortone e Achille Serra del gruppo misto – che ieri si è aggiunto un altro tassello nella costruzione di un’agenda economica comune che fa intravvedere il terzo polo. Perché ieri Linda Lanzillotta dell’Api, insieme a Italo Bocchino di Fli e Gianluca Galletti dell’Udc, ha presentato il ddl per la riduzione del numero delle province da 110 (costo attuale di 14 miliardi) a 38. «Il dato politico significativo è la convergenza tra Api, Udc e Fli», diceva Linda Lanzillotta alla presentazione della proposta ieri a Montecitorio in cui si prevede di abolire le province con meno di 500mila abitanti e accorpare quelle esistenti in modo che ciascuno dei nuovi ambiti provinciali non abbia meno di 500mila abitanti. L’effetto è quello di passare a 38 province – tagliandone 70 – ed eliminare 4mila poltrone tra presidenti, assessori e consiglieri provinciali (che hanno un costo di 130 milioni all’anno) e circa 700 uffici periferici con un risparmio complessivo stimato «prudenzialmente» di un miliardo di euro crescenti nel tempo. Risparmi che andrebbero ad alimentare un fondo per la ricerca e l’innovazione. L’iniziativa smentisce una delle affermazioni del ministro Giulio Tremonti il quale proprio in Parlamento ha circoscritto il risparmio di un’eventuale abolizione delle province a «100, 200 milioni». Insomma, poca roba rispetto al miliardo che invece calcola il “terzo polo”, che va all’attacco con una proposta più che simbolica anche perché, come ha chiarito Italo Bocchino, «era nel programma del Pdl». Peccato che anche su questo fronte la Lega abbia fatto le barricate.
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