Ruralità ai fini Ici con la retromarcia

Fonte: Italia Oggi

Le domande, per l’ottenimento della ruralità dei fabbricati ai fini Ici, hanno effetti retroattivi fino al quinto anno antecedente la data di presentazione della richiesta di variazione di categoria dell’immobile. Detto principio, codificato dal comma 2-bis, dell’art. 7, dl n. 70/2011, è fondato su una norma primaria e non discente da un provvedimento di rango inferiore (dm 26/07/2012). Così il Dipartimento delle Finanze che, disallineandosi da un indirizzo giurisprudenziale, peraltro altalenante, e all’interno di una risposta fornita nell’ambito della VI Commissione finanze (Q.T. n. 5-00188), auspica anche l’intervento del legislatore, teso a derimere le potenziali controversie.

Tutto nasce dalla necessità di ottenere una specifica categoria catastale (A/6 per i rurali abitativi e D/10 per quelli rurali strumentali) sancita dalla Cassazione (S.U. 21/8/2009 nn. 18565 e 18570) e disposto dal citato comma 2-bis, art. 7, dl 70/2011 con il quale il legislatore aveva reso necessario presentare, a tale fine, una domanda di variazione entro il 30/9/2011, comprensiva di un’autocertificazione attestante il possesso quinquennale e continuato dei requisiti, di cui ai commi 3 e 3-bis, art. 9, dl n. 557/1993. Recentemente, il comma 2, dell’art. 2, dm 26/7/2012 ha disposto che restano salvi gli effetti delle domande presentate ai sensi del citato comma 2-bis, art. 7, dl n. 70/2011, anche presentate in data successiva, ma comunque entro e non oltre il 30/9/2012, «fermo restando il classamento originario degli immobili rurali già censiti nei gruppi ordinari» (si veda ItaliaOggi del 5/2/2013). Di conseguenza, la presentazione della domanda di variazione, finalizzata inizialmente all’ottenimento delle categorie indicate dalla Suprema corte che le riteneva necessarie al fine del riconoscimento della ruralità, si rendeva solo necessaria per ottenere l’annotazione in Catasto, senza procedere alla modifica della categoria catastale già ottenuta, rispondente alla qualità dell’immobile iscritto. In estrema sintesi, il contribuente che ha presentato la domanda di variazione non subisce alcuna modifica della categoria dell’immobile (per esempio, per un abitativo, da A/3 a A/6) ma solo l’inserimento in Catasto dell’indicazione che la domanda è stata correttamente presentata e che l’ufficio, verificate le condizioni e le attestazioni, né riconosce la ruralità. Dalla data della presentazione della domanda, il contribuente beneficia di effetti protettivi da potenziali accertamenti degli enti comunali ai fini Ici, per il quinquennio antecedente, giacché l’annotazione vale attribuzione di categoria. Sul punto, una parte della giurisprudenza ritiene che il dm 26/07/2012 abbia travalicato la fonte legislativa primaria (dl 201/2011) che non prevede, in alcun modo, il riconoscimento retroattivo della ruralità. La retroattività, confermata al contrario nella risposta in commento, dovrebbe essere definitivamente sancita con un’espressa previsione normativa «primaria» o con una norma interpretativa, al fine di evitare che sia invocato l’articolo 11 delle Preleggi, secondo cui la legge non possiede effetti che per il futuro.

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