Roma «riduce» il rischio-evasione

Fonte: Il Sole 24 Ore

Titolare di una ditta di autotrasporti internazionali, disoccupato per l’Inps, sede legale nell’Est Europa, autisti bulgari e macedoni pagati in nero. La Guardia di Finanza gli ha contestato 500mila euro di ricavi non dichiarati e 30mila euro di mancati versamenti Iva. Uno degli ultimi casi raccontati dalle cronache arriva da Nizza Monferrato (Asti). E conferma indirettamente l’analisi del Centro studi Sintesi, secondo cui il rischio-evasione aumenta anche nell’Italia settentrionale.
Non è un caso, forse, che Asti perda 21 posizioni rispetto al 2006 nella classifica delle 103 province italiane ordinate in base alla “fedeltà fiscale”, misurata da un indicatore sintetico che confronta i redditi e i consumi. In pratica, fatta 100 la media nazionale, le aree che si collocano al di sotto di questo punteggio, hanno consumi tendenzialmente superiori ai redditi (e quindi sono più esposte al rischio-evasione), mentre quelle al di sopra dell’asticella presentano meno criticità.
Più della fotografia del singolo anno, è importante cogliere i cambiamenti, per toccare con mano gli effetti della crisi economica e delle politiche fiscali sui comportamenti dei contribuenti. Si spiega anche così il caso di Mantova, che perde 56 posizioni rispetto al 2006 e scivola nella parte medio-bassa della graduatoria. O quello di Como, che scivola fino all’85° posto assieme all’Aquila e appena sopra Brindisi e Frosinone.
In Lombardia il calo è diffuso, ed è solo Milano – che resta pur sempre al secondo posto nella classifica nazionale – a contenere i danni. Al contrario il miglioramento di Roma, che scala addirittura 62 posizioni, contribuisce a spiegare il trend positivo del Lazio, regione che passa da una situazione di rischio-evasione «medio» a «basso». Non basta, invece, il balzo in avanti di Palermo (+50 posizioni) a far salire di categoria la Sicilia: qui, così come nelle altre grandi regioni del Sud, il profilo di rischio resta «alto».
Ma come si spiegano, in anni di crisi, recuperi come quelli di Roma e Palermo? Dato che l’indicatore di Sintesi misura la distanza tra consumi e redditi, una parte del miglioramento dipende dal calo degli acquisti da parte delle famiglie. Un miglioramento che sembra dipendere più dalla crisi che dalla compliance, quindi. Nel caso di Roma, poi, potrebbe pesare anche la maggiore incidenza degli stipendi pubblici, di fatto esclusi alla variabile congiunturale: cassa integrazione e licenziamenti hanno colpito duramente le aree più industrializzate, come dimostrano i casi di Brescia o Bergamo, ma anche quelli delle province venete, che pure non figurano nella top-15 dei cali maggiori (si veda la tabella a lato). In queste situazioni, il rischio-evasione cresce per una perdita di redditi “in chiaro”, più che per una contrazione dei consumi.
Che la situazione sia delicata lo conferma anche il commento della Provincia di Rimini, al 59° posto con otto posizioni perse, decisamente “fuori linea” rispetto all’Emilia Romagna, che è la regione più virtuosa. Oltre alla «profondità del problema fiscale» – recita la nota diffusa ieri – va sottolineata «la componente economica di tale sottrazione di risorse che rende più difficili gli investimenti necessari a stare sul mercato».
Quel che è certo, è che non esiste “una sola” evasione fiscale. E che quindi le strategie di contrasto vanno studiate caso per caso. L’imprenditore di Nizza Monferrato, ad esempio, ricade in almeno due dei 19 identikit tracciati dalla task force del Governo: quelli che praticano il “nero totale” e quelli che sfruttano le finte residenze all’estero.

L’inchiesta
Sul Sole 24 Ore del lunedì di ieri, la mappa del rischio-evasione elaborata dal Centro studi Sintesi: l’Emilia Romagna si conferma al top della “fedeltà fiscale”, mentre la Lombardia perde 5 posizioni e il Sud resta in coda alla classifica. Sempre sul quotidiano di ieri, il rapporto della task-force del Governo con i 19 identikit degli evasori fiscali e le strategie di contrasto

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