Rischio super-tagli per 1.400 Comuni

Fonte: Il Sole 24 Ore

In una manovra che coniuga al futuro quasi tutti i risparmi sulla finanza pubblica, c’è un comparto della Pa che si appresta ad affrontare effetti importanti già dal 2012: è quello degli enti locali soggetti al Patto di stabilità, le cui regole sono solo apparentemente immobili rispetto a quelle in vigore quest’anno.In termini assoluti, il risultato per il 2012 in effetti non cambia rispetto a quello messo a preventivo dalla manovra estiva dell’anno scorso, ma la misura con cui ciascun Comune o Provincia sarà chiamato a contribuire andrà incontro a variazioni profonde. Con il rischio, concreto, che per oltre la metà degli enti locali coinvolti – la stima è di circa 1.400 – gli obiettivi 2012 segnino uno “scalone” di complicatissima gestione rispetto ai target fissati quest’anno.
Per capire il problema, bisogna dedicare un briciolo di pazienza alla ricostruzione di quel rebus contabile in cui ormai si sono trasformati i vincoli di finanza pubblica destinati a Comuni e Province. Sulle regole di base, la manovra per ora si limita a prorogare i meccanismi introdotti lo scorso anno: ogni ente locale deve prima di tutto raggiungere il «saldo zero», cioè il pareggio fra entrate e uscite calcolate secondo i criteri del Patto (è la «competenza mista», che misura la competenza di parte corrente e la cassa di conto capitale). A questa base, deve aggiungere un moltiplicatore (nel 2012 è il 14% per i Comuni e il 10,7% per le Province, per il 2011 erano rispettivamente l’11,4% e l’8,3%) sulla spesa corrente media registrata nel 2006/2008. A parte l’incremento delle percentuali, già previsto, nulla cambia. Tutto bene, quindi? No.
L’anno scorso, l’introduzione del nuovo meccanismo fece saltare sulla sedia molti dei Comuni soggetti al Patto, a cui veniva richiesto uno sforzo che nei casi peggiori avrebbe imposto di tagliare del 60% la spesa corrente rispetto all’anno prima. Con tutta la buona volontà del mondo, sarebbe stata un’impresa impossibile, vista la larga fetta di spese incomprimibili per il personale e per i servizi essenziali. Da lì è partita la girandola dei correttivi, che ha drasticamente complicato il panorama delle regole ma ha alleggerito in misura rilevante la partita per molti amministratori locali.
E qui sta il punto: la nuova manovra, nel riconfermare la validità delle regole scritte nel decreto «salva-deficit» del 2010, “trascura” di riportare in vita per l’anno prossimo anche i correttivi, anche perché questi imporrebbero una copertura finanziaria aggiuntiva. Risultato: lo «scalone» evitato in extremis quest’anno rischia di riproporsi per molti in autunno, quando si comincerà a lavorare alle previsioni per il 2012.
Il correttivo fondamentale che viene a cadere con il nuovo anno è la clausola di salvaguardia, che impediva al Patto di stabilità di chiedere agli enti uno sforzo superiore a una data percentuale della spesa corrente, diversa a seconda della dimensione demografica.
Nei Comuni più piccoli fra quelli soggetti al Patto – vale a dire quelli compresi fra 5mila e 10mila abitanti – quest’anno l’obiettivo non avrebbe potuto superare il 5,4% delle uscite correnti, fra 10mila e 200mila abitanti il tetto era al 7% e negli enti più grandi si alzava fino al 10,5%. Venuto meno questo tetto, l’anno prossimo il Patto sarà libero di arrivare fin dove lo spinge il meccanismo originale.
L’impatto effettivo su ogni ente dipende però anche da un altro correttivo che appare destinato ad andare in pensione a fine anno. Sempre allo scopo di evitare cambi di obiettivo troppo drastici, per il 2011 era stato introdotto un sistema cervellotico che imponeva agli enti di calcolare l’obiettivo sia secondo la nuova regola sia secondo la vecchia (basata su dei moltiplicatori da applicare al saldo 2007), e di sterilizzare il 50% della differenza. In pratica, un ente che dalla nuova regola si vedeva chiedere 100 e dalla vecchia 10, calcolata la differenza (90) avrebbe dovuto applicarne la metà (45) al nuovo obiettivo, che di conseguenza scendeva da 100 a 55. Questo meccanismo si era trasformato in una girandola nei bilanci degli enti, alcuni favoriti e altri gravemente danneggiati dal confronto con il vecchio sistema. Alla fine, la clausola di salvaguardia aveva tagliato la testa al toro.
Gli sconti portati da questa clausola avevano alleggerito il carico, in qualche caso anche dell’80-90%, a 1.400 Comuni su circa 2.300 soggetti al Patto. È probabile che a fare le spese del suo addio saranno molti di quelli compresi in questo elenco, anche se non è escluso che l’abbandono del confronto fra vecchie e nuove regole colpisca anche amministrazioni che proprio grazie a questo non avevano avuto bisogno della clausola di salvaguardia.

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