Riforma Senato, no all’elezione diretta

Che il Patto del Nazareno tenesse si è visto subito nel pomeriggio di ieri: al primo voto segreto è andato il primo comma dell’emendamento 1.32, targato Sel, che chiedeva di inserire , all’articolo 56 della costituzione, dopo le parole “la Camera dei deputati è eletta a suffragio universale e diretto”, la frase “nel rispetto dell’equilibrio di genere e assicurando la rappresentanza delle minoranze linguistiche”. I no sono stati 162, i sì 124, gli astenuti 8: il patto ha retto. Facendo scattare così la regola del “canguro”via 1.400 emendamenti, tra le proteste dell’opposizione e l’esultanza del Pd. Che adesso assicura: il Senato elettivo è definitivamente bocciato.

Forse l’unico momento positivo di una giornata convulsa che ha visto naufragare la proposta pacificatrice di Chiti e qualsiasi ipotesi di mediazione tra il premier e le opposizioni. Non è mancata anche una quasi rissa tra Pd e M5s nei corridoi e nelle sale di Palazzo Madama.
Ricordiamo che la proposta di Chiti, arrivata dopo la lettera di Renzi ai senatori, era “di non disperdersi in migliaia di emendamenti ma di concentrare il tempo a disposizione prima dell’8 agosto per illustrare le varie posizioni sulla base degli emendamenti fondamentali, quindi discuterne con i relatori e il governo e procedere a votarli” per svolgere nella prima settimana di settembre le dichiarazioni di voto e la votazione conclusiva”.

Renzi ieri sera ha scritto su Facebook: “Le sceneggiate di oggi dimostrano che alcuni senatori perdono tempo per paura di perdere la poltrona”.

Sulla stessa linea il Ministro Boschi: “Gli italiani non meritano le scene che hanno dovuto vedere oggi in Senato. Noi ci siamo dichiarati aperti a un confronto, disponibili, ma non possiamo cedere al ricatto dell’ostruzionismo”. La Boschi si riferisce alla bagarre e ostruzionismo in Senato dopo una mattinata di riunioni, incontri, dichiarazioni e i tentativi di mediazione di Chiti, che poi però si sono rivelati inutili dopo il no di Sel e M5S.

Quindi si è tornati al punto di partenza e al voto a oltranza delle migliaia di emendamenti presentati dalle opposizioni, mentre la Conferenza dei capigruppo ha confermato il calendario dei lavori così come era stato varato nei giorni scorsi. Dall’esecutivo è intervenuto il sottosegretario Graziano Delrio: “Siamo molto sereni. Stiamo facendo le riforme per il bene del Paese”. E l’altro sottosegretario Luca Lotti assicura: “Andiamo avanti anche dopo l’8 agosto”. 
Peccato che poco dopo la bocciatura dell’emendamento di Sel con relativo canguro la confusione in Aula fosse ormai incontenibile.

A fronte di questo ostruzionismo implacabile risulta decisamente a rischio l’approvazione delle riforme costituzionali in Senato entro l’8 agosto, e questo nonostante il contingentamento dei tempi deciso dalla maggioranza.
La Conferenza dei capigruppo del 24 luglio aveva stabilito un contingentamento dei tempi per complessive 120 ore, di cui 80 dedicate alle sole votazioni e le  restanti 20 agli interventi in aula, ripartite tra i vari gruppi a seconda della loro consistenza. Una volta esaurito il tempo a disposizione del proprio gruppo i senatori non possono più intervenire. E una volta che tutti i gruppi hanno speso tutto il tempo assegnato, si procede solo con le votazioni.
Ma già adesso i tempi solo saltati per i “trucchi” ostruzionistici di Sel e M5s. Nei tempi di contingentamento non sono infatti calcolati gli interventi sul cosiddetto “ordine dei lavori”, a cui stanno invece ricorrendo i senatori delle opposizioni. Si prende la parola non sui contenuti della legge in discussione, ma sulle procedure che si stanno usando.

Che cos’è il “canguro”. L’applicazione della regola del “canguro” era stata preannunciata in aula il 23 luglio da Grasso. La regola consiste nel fatto che quando l’aula boccia un emendamento, decadono tutti gli altri emendamenti analoghi. Per esempio l’emendamento di Sel bocciato ieri, che modificava completamente i primi 20 articoli del d.d.l. del governo, diceva tra le altre cose che la Camera è composta da 300 deputati. Il successivo era praticamente identico, con l’unica differenza che si diceva che la Camera è composta da 360 deputati. E così via, con minime varianti di contenuto per i successivi 1.400 emendamenti.

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