Quote rosa nella toponomastica

Fonte: Italia Oggi

Finalmente ci si è messi d’accordo sul nome da dare alla piazza innanzi allo Jüdisches Museum a Berlino. Si chiamerà Fromet und Moses Mendelssohn, moglie e marito, per rispettare le quote rosa anche nella toponomastica come desidera il municipio di Kreuzberg, dove si trova il museo ebraico.

Sarebbe come ribattezzare tutte le nostre strade via Beatrice e Dante Alighieri. E come dimenticare l’infelice consorte di Manzoni? E via Cavour? Colui che fece l’Italia era uno scapolo impenitente, ed ebbe molte amiche. Dovremmo dimenticare Anna Giustiniani, che per il suo amore si buttò a 30 anni da una finestra a Genova? O la sua ultima amante, la ballerina ungherese Bianca? Sarebbe un’indicazione stradale complessa. Più semplice con via Anita e Giuseppe Garibaldi.

A Kreuzberg hanno deciso che tutte le vie e le piazze dovranno da ora in poi essere battezzate con nomi femminili finché non sarà raggiunta la parità, 50% a testa. Dunque, per qualche decennio i maschi verranno dimenticati, o si dovrà trovare una via d’uscita come per Herr Professor Moses Mendelssohn, filosofo illuminista berlinese (1729-1786). Della sua Fromet diceva che «non era bella e nemmeno particolarmente istruita». Questo non gli fa onore. Perché si scelse una compagna che non gli desse ombra? Fromet, che era di Amburgo, nacque nel 1737 e sopravvisse al famoso marito fino al 1812. Passò la vita a fare figli, dieci per l’esattezza, e uno, Abraham, fu il padre del compositore Felix Mendelssohn-Bartholdy. Altro non si può dire.

Aspetto che il mio quartiere di Charlottenburg corregga la Bismarckstrasse e la Kantstrasse. E dovranno essere rifatte tutte le indicazioni stradali per Thomas Mann. Il Premio Nobel consolava la moglie Katia che doveva sopportare le sue fisime di scrittore, e le predilezioni sessuali, assicurandole: «Il tuo nome sarà ricordato finché il mio non sarà dimenticato». Il che non mi sembra un grande complimento. Il figlio Golo Mann, al termine di un’intervista, mi confidò che «la mamma era più intelligente di papà». Lui intendeva intelligenza pratica e quindi anche politica. Lei aveva intuito che cosa avrebbe combinato Hitler, mentre Thomas era sempre convinto che fosse un lazzarone bavarese, quindi meridionale, che non sarebbe durato a lungo. Senza la moglie forse avrebbe fatto una brutta fine. Katia Mann meriterebbe una strada tutta per sé. A Berlino in questi giorni si discute anche sulla Barbie House, un’orrenda costruzione rosa dedicata alla bambola, che resterà aperta sulla Alexanderplatz per tutta l’estate in attesa dei turisti. È un’offesa alle donne, ritengono le femministe. E non solo loro. Anch’io non regalai mai una Barbie a mia figlia, ma lei la ebbe in dono da altri. Ricordo che la fece a pezzi, ma non le chiesi perché. Non voglio prendermi gioco di Kreuzberg e di quanti si battono per le quote rosa, temo che si perda troppo tempo per questioni secondarie. E con queste pretese si rischia di gettare nel ridicolo una protesta seria. Nell’evoluta Germania guidata da Frau Angela, le donne continuano a guadagnare il 25% in meno degli uomini, a tutti i livelli, dalle manager alle operaie. Le grandi imprese stanno correndo ai ripari e cercano donne da promuovere in direzione e nel consiglio di sorveglianza. Hanno dei problemi: non ne trovano abbastanza all’altezza. E la questione ha provocato una piccola crisi al governo. La Merkel è contraria a una legge che imponga le quota rosa. Come tutte le donne che hanno fatto carriera con le proprie forze, non approva forzature. «Io non sono una femminista», ha avuto il coraggio di dichiarare. La sua ministra del lavoro, Ursula von der Leyen, milionaria e madre di sette figli, invece è a favore e ha scatenato una rivolta contro Angela. Prima era data come probabile successore alla Cancelleria, quando Angela si sarebbe stancata, ora, dopo la ribellione, solo il 25% la sostiene. Le quote rosa le sono state fatali. Eppure, oggi come oggi, sarebbe la migliore a prendere un giorno il posto di Frau Merkel. E non perché sia donna.

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