Piccoli comuni, piano per il rilancio

Fonte: Il Sole 24 Ore

Immaginate un comune montano connesso al resto del mondo tramite la banda larga, dotato di un centro capace di erogare servizi sanitari di base senza costringere gli abitanti a lunghi spostamenti, dove la vecchia stazione in disuso, invece di trasformasi nel solito rudere, diventa la sede di attività di volontariato o o un polo per la promozione di prodotti tipici. Utopia? Forse. Ma da ieri c’è uno strumento utile a rendere più concreta qualcuna di queste possibilità. Anche attraverso un piano di valorizzazione delle aree rurali, che punta a promuovere attività di recupero edilizio trasferendo nei piccoli centri il modello del piano città finora applicato alle aree urbane. 
Si tratta della proposta di legge per la valorizzazione dei comuni con meno di 5mila abitanti presentata ieri in parlamento dal presidente della commissione Ambiente della Camera Ermete Realacci (Pd), primo firmatario del provvedimento insieme al deputato Pd Enrico Borghi e sottoscritta da oltre 70 parlamentari appartenenti a diversi gruppi. Non si tratta di un debutto assoluto. La proposta di legge mirata a valorizzare uno dei patrimoni più negletti del paese ha già varcato le soglie del Parlamento nelle scorse legislature superando sempre il vaglio di Montecitorio, senza mai riuscire a terminare con successo il percorso nelle aule di Palazzo Madama. 
«Ora il suo iter parlamentare riprende – commenta Realacci – e c’è da sperare che questa sia la volta buona. Non perché questa proprosta da sola possa essere risolutiva dei problemi aperti, ma perché indica con chiarezza una direzione ed una politica: considerare i piccoli comuni non un peso per il nostro paese, un’eredità del passato, ma una straordinaria occasione per difendere la nostra identità, le nostre qualità e costruire il futuro». I comuni italiani con meno di 5mila abitanti sono 5.698. Piccoli centri in cui vivono 10,3 milioni di cittadini, pari al 17,3% della popolazione. 
Molte le misure previste dalla legge: si va dalla promozione della cablatura e della banda larga all’incentivazione della residenza nei piccoli comuni; dall’assicurare la qualità e la presenza dei servizi indispensabili come sanità, trasporti, istruzione, servizi postali, risparmio, agli interventi per il recupero dei centri storici a alla tutela del patrimonio ambientale. I comuni potranno indicare anche nella cartellonistica stradale le produzioni tipiche, così come si prevede di facilitare le procedure di cessione di beni immobiliari demaniali a favore di attività e organizzazioni del mondo del non profit. Previsto anche un piano di sviluppo sul modello del «piano città» con una cabina di regia per la selezione dei progetti di riqualificazione da insediare al ministero delle Infrastrutture.
L’obiettivo è ridurre disagio e tendenza allo spopolamento. E per questa via provare a proporre anche una “soluzione attiva” al problema del dissesto idrogeologico. Sono oltre 3,900 i piccoli comuni con territori situati in aree considerate ad altro rischio. E la mancanza di manutenzione, ha calcolato il Cresme, è causa di catastrofi ambientali dal costo stimato in circa 4 miliardi all’anno.

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