Per l’Economia coperture incomplete

Fonte: Il Sole 24 Ore

Un puzzle difficile da comporre. È quello delle coperture per l’operazione taglia-cuneo. Anche a causa dei paletti di Bruxelles, a partire dall’impossibilità di non sfondare, e neppure di avvicinare troppo, il fatidico tetto del 3% del rapporto deficit-Pil. Con i tecnici del ministero dell’Economia all’affannosa ricerca di opzioni per rendere maggiormente strutturale la dote da 10 miliardi necessaria per ridurre le tasse nel 2014. Che si ridurrebbe a 8,5 miliardi con un intervento datato aprile. E proprio questa è la soluzione alla quale pensa Matteo Renzi. Ma ieri sera al ministero dell’Economia la quadratura del cerchio non risultava ancora trovata.

E la mancanza di una stabile impalcatura contabile dovrebbe costringere Palazzo Chigi a optare per la presentazione delle sole linee d’indirizzo dell’intervento sul cuneo nel Consiglio dei ministri di oggi rinviando alle prossime settimane il varo vero e proprio del provvedimento.

Dalla Presidenza del Consiglio si getta acqua sul fuoco e si sparge ottimismo. Lo stesso viceministro dell’Economia, Enrico Morando, assicura: il nodo coperture «è sostanzialmente risolto». A palazzo Chigi sono certi di aver individuato risorse per 20 miliardi, metà delle quali subito utilizzabili. Il pilastro su cui costruire l’operazione taglia-cuneo resta il piano di spending review consegnato, con tanto di proposte d’intervento, ieri dal Commissario straordinario, Carlo Cottarelli, all’apposito Comitato interministeriale presieduto dal premier stesso.

Un piano che garantirebbe la possibilità di recuperare 7 miliardi nel 2014: un terzo dal rafforzamento del metodo Consip, circa 500 milioni dalla stretta sulla dirigenza pubblica (stipendi compresi), e il resto intervenendo su consulenze, auto blu, costi della politica, razionalizzazione delle spese della Difesa, riordino degli incentivi alle imprese e giro di vite su enti inutili e società partecipate. Tre miliardi, secondo Palazzo Chigi, potrebbero arrivare dalla minor spesa per interessi legata all’effetto spread, 2 miliardi dall’operazione sul rientro dei capitali, 1,6 miliardi dalla maggior Iva derivante dal pagamento di tutti i debiti della Pa nei confronti delle imprese. E 6,4 miliardi facendo salire subito l’asticella del rapporto deficit-Pil dal 2,6% al 3 per cento. Un’ipotesi, quest’ultima, che non è vista di buon occhio da Bruxelles e neppure dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan. Che non intende mettere in nessun modo a repentaglio il tetto del 3%, come ha annunciato il 6 marzo al Sole 24 Ore. Una valutazione condivisa dal Quirinale. E così all’Economia si continua nella ricerca di misure per puntellare le coperture.

Anche alcune delle altre opzioni di copertura individuate a palazzo Chigi non sembrano convincere i tecnici di via XX settembre. A cominciare da quella sulla maggiore Iva dai pagamenti dei debiti della Pa a causa dei tempi lunghi dell’operazione dovuti alla scelta dello stesso Governo di procedere con un disegno di legge, anche per effetto dei vincoli di Bruxelles. Anche la dote della minor spesa da interessi legata all’effetto spread non potrebbe essere utilizzata in tempi brevi visto che andrebbe calcolata a consuntivo. Complicata pure l’utilizzazione delle risorse dell’operazione di rientro dei capitali dai paradisi fiscali originariamente prevista da un decreto legge che, giunto a passo dalla scadenza, è stato ora “declassato” a proposta di legge. Non solo: sull’utilizzazione a fini di copertura delle risorse provenienti da interventi una tantum anti-evasione Bruxelles e la Corte dei conti hanno espresso a più riprese molte perplessità.

La ricerca di nuove fonti di copertura allunga così l’elenco che dal Tesoro vengono invaiate a Palazzo Chigi.

Nel menù delle misure possibili, dopo l’eventuale taglio agli acquisti dei caccia F-35, che sembra aver perso quota, avrebbe fatto capolino anche un taglio in versione lineare dell’1% alle retribuzioni dei dipendenti pubblici. Un’ipotesi però subito accantonata mentre si starebbero ancora valutando quelle su una stretta delle pensioni di reversibilità e delle indennità di accompagnamento per le fasce di reddito medio-alte. Non manca una carta di riserva: la rimodulazione della tassazione sulle rendite finanziarie.

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