Partecipate al test sopravvivenza

Fonte: Il Sole 24Ore

Entro la fine del 2012 i piccoli comuni devono chiudere le loro società partecipate o definire scelte strategiche che consentano di mantenerle operative. Il Dl 138/2011 e la legge 148/2011 di conversione hanno modificato le regole su liquidazione delle società e cessione delle altre partecipazioni da parte dei comuni con popolazione sotto 30mila abitanti (articolo 14, comma 32, della legge 122/2010), fissando come nuova scadenza il 31 dicembre 2012. Agli enti restano tuttavia due possibilità per consentire alle controllate di proseguire nella gestione dei servizi affidati. La prima deroga si fonda sulla sussistenza di parametri di efficienza economico-finanziaria degli organismi partecipati, che devono avere, anche qui con scadenza anticipata al 31 dicembre 2012, il bilancio in utile negli ultimi tre esercizi e che non devono aver subito nei precedenti esercizi riduzioni di capitale conseguenti a perdite di bilancio o perdite che abbiano comportato ripiani da parte dei soci pubblici. La seconda possibilità per evitare la liquidazione è legata a un parametro dimensionale: la società deve essere costituita da comuni la cui popolazione complessiva superi i 30mila abitanti e la partecipazione al capitale sociale deve essere paritaria o proporzionale al numero degli abitanti. Su questo punto le amministrazioni hanno un adeguato margine per verificare se i flussi demografici hanno elevato o diminuito il numero dei residenti (anche in forza del censimento di quest’anno), potendo elaborare strategie che consentano anche di aprire la compagine societaria ad altri comuni. Un percorso del genere, tuttavia, dovrebbe essere supportato da un adeguato piano industriale, tale da evidenziare il vantaggio per tutti i soci e per il potenziamento della stessa società. Se la società può essere mantenuta in attività, i comuni devono in ogni caso verificare se essa può proseguire nella gestione dei servizi affidati, in base alle nuove norme sulla cessazione delle gestioni esistenti (articolo 4, comma 33, del Dl 138/2011), che risultano particolarmente restrittive e limitanti per gli organismi in house. Il comma 32 dell’articolo 14 della legge 122/2010 ha subito numerosi interventi del legislatore, tanto che con il milleproroghe 2011 (legge 10/2011) la scadenza per le dismissioni era stata portata al 31 dicembre 2013 e con il decreto sviluppo (legge 106/2011) è stata eliminata la parte della disposizione che rimetteva la sua attuazione a un decreto ministeriale. Tuttavia nella parte della disposizione relativa alla razionalizzazione delle partecipazioni da parte dei comuni con popolazione tra 30mila e 50mila abitanti è rimasta la scadenza del 31 dicembre 2011. Tali enti, pertanto, entro fine anno potranno detenere la partecipazione a una sola società. La prossimità del termine obbliga le amministrazioni comunali interessate a definire in tempi molto rapidi una strategia, che può comportare soluzioni diverse, come ad esempio l’incorporazione per fusione o la costituzione di una holding. La rilevanza dei processi di dismissione e di razionalizzazione delle partecipazioni è ora rafforzata dalla previsione contenuta nel comma 28 dell’articolo 16 della manovra, nel quale è previsto che il prefetto accerti che gli enti territoriali interessati abbiano attuato, entro i termini stabiliti, le operazioni di liquidazione delle società con bacino di riferimento sotto i 30mila abitanti e la rimodulazione degli assetti di controllo in un’unica referenza per i comuni tra 30mila e 50mila abitanti. Qualora le scadenze non siano rispettate, il prefetto potrà assegnare agli enti interessati un termine perentorio entro il quale provvedere, ma in caso di ulteriore inadempienza, scatteranno le procedure per la nomina di un commissario ad acta. Stessa procedura anche per la soppressione dei consorzi di funzioni tra gli enti locali, prevista dall’articolo 2 della legge 191/2009 anch’essa ricondotta al termine del 31 dicembre 2011.

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